Welcome! You have been invited by Caligorante to join our community. Please click here to register.
cf259b60-dec3-11e8-adb4-3709d8ff5001.jpg
Caligorante

cf259b60-dec3-11e8-adb4-3709d8ff5001.jpg

Accadeva diciannove anni fa 2 novembre 2004. Nella Amsterdam multietnica e multiculturale, il ventiseienne marocchino Mohammed Bouyeri uccide il regista olandese Theo van Gogh. Il cineasta si stava recando nel suo ufficio in bicicletta per presiedere alla postproduzione del film "06/05", un thriller sul delitto (6 maggio 2002) Fortuyn, politico outsider che sfiorò l’elezione a primo ministro. Pim Fortuyn e l'amico Van Gogh bersagliavano sarcasticamente la «nostra bella gente», i "regenten", ossia i radical chic olandesi che ignoravano i problemi e i timori dei cittadini comuni. Il programma di Fortuyn, orgogliosamente omosessuale e con un passato di militante dell'estrema sinistra, si potrebbe riassumere in questi termini: no alla burocrazia, no ai "regenten", no all'immigrazione, soprattutto quella musulmana. Van Gogh, tarchiato e biondo, in patria era meno noto per le sue opere caustiche che per le sue prese di posizione anticonvenzionali e politicamente scorrette; denunciava tanto lo sfruttamento dell'Olocausto da parte di note personalità ebraiche (opinione puntualmente omessa dai suoi apologeti) quanto la presenza di una insidiosa quinta colonna musulmana operante nei Paesi Bassi e in Europa. Riservò attacchi oscenamente surreali allo scrittore Leon de Winter, figlio di genitori ebrei ortodossi: “De Winter riusciva a far godere la moglie soltanto avvolgendosi del filo spinato intorno al pene e gridando «Auschwitz!» quando veniva”. Per queste e altre boutade venne citato in giudizio dal Centro di informazione e documentazione su Israele; la cosa andò avanti per anni, fino ad arrivare alla Corte suprema. Van Gogh accusò i giudici di essersi fatti corrompere dal denaro dei sionisti. Ian Buruma, nel suo “Assassinio a Amsterdam” descrive l’atroce fine del regista: Bouyeri gli sparò con calma allo stomaco e, dopo che la vittima si era trascinata dall'altra parte della strada, lo raggiunse ancora con ripetuti colpi, estrasse un machete ricurvo e gli recise la gola, «come se squarciasse uno pneumatico», secondo un testimone. Lasciando il machete saldamente piantato nel petto di Van Gogh, tirò poi fuori da una borsa un coltello più piccolo, scribacchiò qualcosa su un pezzo di carta, piegò accuratamente la lettera e la appuntò al corpo con questo secondo coltello. Originally posted in:
There are no comments to display.

Profile Post

THE WHALE - SULL'AMORE VERREMO GIUDICATI

Charlie è un docente universitario che, nella vita, ha perso tutto: un grande amore, l'affetto di sua figlia, la possibilità di una vita normale.
Il suo corpo è enorme e, all'apparenza, sembra riflettere il peso del fallimento delle sue scelte.

Questo film mi ha portato a meditare il tema della sofferenza.
Il corpo di Charlie si fa centro gravitazionale, attorno a cui ruotano le sofferenze delle persone che entrano a contatto con lui e che, attraverso lui, si scoprono delle loro più grandi fragilità. "Scrivete qualcosa di sincero", sembra dire a tutti.

Il suo corpo parla, "scrive" per lui.
Per tutto il tempo del film, una visione romantica ci spinge a pensare che Charlie voglia soffrire perché ha perduto l'amore della sua vita, Alan.
Incessantemente, Charlie invoca l'amore perduto attraverso le parole di un tema su Moby Dick.
Ma non è Alan che invoca, bensì sua figlia Ellie.

A pensarci bene, alla fine del film, le vite di Charlie e Alan anelavano a un amore che andava oltre il loro sentimento reciproco, perché il tormento interiore, intimo e personale, non si poteva risolvere all'interno della coppia.
Di Alan si sa tanto quanto si può intuire dalle parole di sua sorella, ma la morte di Charlie apre le porte alla sua redenzione, perché coincide con un atto di grande compassione: il perdono da parte di sua figlia.

Più che mai, questo film fa risuonare in me una frase: sull'amore verremo giudicati.


The-Whale-film.jpg
La colpa è stata addossata ad un 71enne di sinistra che ha compiuto l'atto criminale, ma sicuramente dietro ci sono gli americani, dato che il Primo Ministro è molto amico di Putin.

Il provvedimento del Governo in materia di lavoro ai giovani mi trova molto discorde.
Si incentivano le imprese ad assumere solo giovani del Sud, creando di pari passo disoccupazione dei giovani al Nord. Soprattutto è un provvedimento incostituzionale, dato che crea differenze e disparità tra cittadini.
Semmai dovevano incentivare le assunzioni imponendo pari percentuali di occupazione in tutto il territorio nazionale, isole comprese.
Quando la classe politica è ignorante e incapace, e non mi riferisco solo a quella di Governo, ma a tutto l'arco parlamentare accade questo orrore.
Occorrono nuovi politici, preparati e soprattutto che amino l'Italia e siano disposti a sacrificarsi per essa.
“Quello che sta avvenendo a Gaza è come se noi, per catturare Matteo Messina Denaro, avessimo raso al suolo la provincia di Trapani, anzi è peggio, perché mentre lui non si è mai mosso dalla provincia di Trapani, i capi di Hamas di certo non sono a Gaza.
Eppure, per comprendere la complessità del conflitto senza ridurla a sterili tifoserie, studiare la storia è un elemento essenziale: “È ovvio che se ci fermiamo all’istantanea degli ultimi sei mesi, con il massacro e i crimini di guerra di Netanyahu e del suo esercito ai danni della popolazione di Gaza, tutte le ragioni del mondo sembrano essere solo da una parte, ma le cose sono più complesse di come sembrano.
È difficile immaginare quali possano essere le vie d’uscita da questo conflitto fino a quando non emergeranno figure che sappiano ‘andare oltre se stessi’ come avvenuto in Sudafrica quando si mossero i primi passi per smantellare l’apartheid.
È ovvio che ci siano proteste se pensiamo che a Gaza si contano 35 mila morti in sei mesi, su due milioni e mezzo di abitanti, quasi tutti civili e bambini. Per fare un paragone basti pensare che in due anni e due mesi in Ucraina ci sono state 10.000 vittime civili su 40 milioni di abitanti, eppure a Netanyahu nessuno osa dire nulla e nei confronti di Israele non è scattata ancora nessuna delle sanzioni che hanno colpito i russi a poche ore dall’aggressione.
Quindi la rabbia è perfettamente comprensibile, rimarca il direttore del Fatto, “però oltre alla rabbia bisognerebbe studiare la storia, per capire come siamo arrivati fin qui è come se ne può uscire”.
cit. Marco Travaglio

Gruppi di Patrioti

  • Serenità apollinea (altro che quel ragnetto debosciato di Damiano dei Maneskin), impegno civile, coraggio. Siamo tutti Enrico Mantoan.
  • A breve partirà l'ennesima ondata di post veicolanti la turbo-retorica fallaciana, tipo Guesdah [questa] era la Persia sotto lo Shah. 1970...
  • https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2024/05/19/iran-atterraggio-demergenza-per-lelicottero-con-il-presidente-raisi_30921fc4-68cc-4d35-a65d-859ec...
  • I radical chic di destra, riescono ad essere più urticanti dei loro omologhi di sinistra.
  • Dilettanti allo sbaraglio I promotori di liste e listarelle "antisistema" stanno letteralmente sclerando. Da diverse ore volano improperi e...
Top