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Caligorante

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Accadeva quattrocentoottantanove anni fa. 3 novembre 1534. L’Atto di supremazia promulgato dal re d’Inghilterra Enrico VIII causa lo scisma fra Santa Sede e Chiesa inglese, segnando di fatto la nascita della Chiesa di Stato anglicana. Enrico VIII aveva sposato Caterina d’Aragona, zia di Carlo V d’Asburgo, re di Spagna e imperatore del Sacro Romano Impero. Tempo dopo, Enrico si invaghì di un'aristocratica, Anna Bolena, che però gli pose la condizione di sposarla. L'ambizioso cardinale Wolsey troverà il cavillo adatto per liberare il suo Sovrano. Caterina d'Aragona era stata la moglie di Enrico VII, il fratello di Enrico VIII. Aveva dunque contratto un legame di parentela con Enrico VIII tale che il matrimonio con lui non era lecito in termini di diritto canonico. Malgrado la dispensa ecclesiastica, si poteva sostenere che le nozze, in quanto irregolari, erano nulle. Il disegno sembrò quasi andato in porto quando il papa Clemente VII si trovò imprigionato in Castel Sant'Angelo durante il Sacco di Roma. Wolsey ebbe la pensata di sostituirsi al pontefice sfruttando un collegio di cardinali riuniti ad Avignone mentre il papa era alle prese con i lanzichenecchi; il terribile ecclesiastico avrebbe concesso ad Enrico VIII l'annullamento delle nozze. Le cose andarono diversamente. Carlo V impose a Clemente VII la linea della fermezza nei confronti delle richieste di Enrico VIII. Dopo anni di trattative e di consultazioni si tagliò la testa al toro: Enrico ripudiò Caterina e sposò Anna. Clemente VII, ormai legato mani e piedi a Carlo V, scomunicò solennemente l'inglese apostata. Con l’Atto di supremazia, Enrico si fece nominare capo della Chiesa d'Inghilterra. Thomas More – latinizzato in «Morus», Tommaso Moro – fu un alto magistrato e un colto e raffinato umanista, autore di Utopia (1516). Nel libro, prototipo del genere utopico, immaginò un regno giusto collocato in un luogo inesistente (dal greco ū ‘non’ e tópos ‘luogo’; propr. “luogo che non esiste”), per biasimare le storture e le ingiustizie della società inglese, dove aveva visto in azione lo spirito di rapina e l'avidità dei signori (gentry) che si accaparravano le terre comuni per recintarle (enclosures) e allevarvi pecore, trasformando i diritti feudali in diritti allodiali. Cosi, egli scrisse, le pecore degli allevatori erano diventate «così fameliche e aggressive da divorarsi addirittura gli uomini e da devastare e spopolare campi, case e borghi». Gran cancelliere del Regno d'Inghilterra, Moro si dimise in disaccordo con la condotta del Sovrano, fu accusato di tradimento, imprigionato e mandato a morte. La sua testa, infissa in cima al ponte di Londra (1535), fu la testimonianza dell'umanesimo cristiano sul terreno della libera coscienza. Acts of Supremacy non stravolse la struttura della Chiesa inglese e il suo corpo di dottrine: solo, i vescovi dovettero obbedienza al re come al capo della Chiesa nazionale. Poi c’era la questione dei denari. Secoli di donazioni testamentarie e di elemosine avevano tesaurizzato un patrimonio inconcepibile nelle mani degli ordini religiosi. La religione Medievale - una religione dei vivi al servizio dei morti - aveva spinto i fedeli a destinare ricchezze favolose alla dotazione di altari per messe in suffragio delle anime dei donatori. I chierici potevano contare su quei benefici ecclesiastici come sussidi e borse di studio. Enrico VIII cancellò gli ordini monastici e ne incamerò i beni; abolì anche i suffragi per il Purgatorio, accogliendo in parte una tendenza della riforma luterana. L'enorme patrimonio terriero e finanziario acquisito consolidò la monarchia Tudor, che poté farsi potenti alleati tra le casate feudali e tra i nuovi ricchi, distribuendo terre e titoli senza imporre balzelli. Fu un processo di enorme portata, solo apparentemente maturato per ragioni private e sentimentali, che accelerò la crisi della società tradizionale e pose le premesse delle rivoluzioni dei secoli successivi. Sotto il figlio di Enrico, Edoardo VI, la Chiesa anglicana adottò un testo unico di rituale - il «libro delle preghiere comuni» (Book of Common Prayer) - di orientamento luterano. Alla sua morte, Maria Tudor, figlia di Caterina d'Aragona , riportò (1553) in auge il cattolicesimo e il papismo. Solo col lungo regno di Elisabetta, figlia della Bolena, doveva giungere per l'Inghilterra il tempo dell'assestamento definitivo. Originally posted in:
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"I' mi son un che, quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
ch'e' ditta dentro vo significando"

Purgatorio, canto XXIV

Per me, la scrittura è questo e credo che i miei due amori, Dante e San Giovanni apostolo, la rappresentino alla perfezione.

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«Non pregarmi di lasciarti, per andarmene via da te; perché dove andrai tu, andrò anch'io;
e dove starai tu, io pure starò; il tuo popolo sarà il mio popolo, e il tuo Dio sarà il mio Dio.»
(Rut 1:16)

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"Vedesti", disse, "quell'antica strega

che sola sovr'a noi ormai si piagne;

vedesti come l'uom da lei si slega.

Bastiti, e batti a terra le calcagne;

li occhi rivolgi al logoro che gira

lo rege etterno con le ruote magne".

Purgatorio, canto XIX, vv. 58-63

Siamo alla fine del girone degli accidiosi e Dante fa un sogno: una femmina "balba (balbuziente)", cieca, storpia a mani e piedi e dal colorito smorto. Ma l'essere umano non la vede nel suo reale aspetto, bensì attraverso il filtro del suo richiamo seduttivo. Questa femmina, infatti, è un'allegoria dell'incontinenza verso i piaceri terreni, in particolare l'avarizia, la lussuria e la gola, puniti nei gironi successivi. È quindi, questo, un sogno che anticipa quello che Dante dovrà incontrare nel suo viaggio.

Al suo risveglio, Virgilio nota che la sua mente è ancora occupata dal ricordo del sogno e lo incita a passare oltre attraverso i versi che ho scelto di riportare.

Virgilio è sbrigativo e lo esorta a non perdere tempo a rimuginare sul peccato, ma di andare avanti e guardare alle cose celesti.

Troppo spesso, di fronte alle miserie che ci abitano, ci crogioliamo nel nostro non essere degni di accostarci ai santi, troppo spesso ci giudichiamo "troppo peccatori" e questo giudizio implacabile si pone come un ostacolo al cammino verso Dio.

Ma, una volta preso atto di non essere immacolati e perfetti secondo la nostra idea di perfezione, dobbiamo avere il coraggio di presentarci a Dio così come siamo: pieni di difetti, manchevoli, fallibili.

I nostri genitori non ci amano forse nonostante i nostri errori? E come potrebbe Dio non farlo, se sinceramente ci volgiamo a Lui con tutto il carico di vergogna, ma anche di devozione, che portiamo addosso?

Ma a Lui dobbiamo guardare, non a noi stessi, perché dalle tenebre si esce grazie alla luce, e la luce che possiamo trovare in noi non è altro che luce divina.

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