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Caligorante

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L'eterno ritorno dell'uguale: l'Europa cerca il suicidio a est. «Il controllo della Cina da parte del Giappone è in netto e feroce antagonismo con la civiltà dell’uomo bianco. Il futuro appartiene alla razza bianca, non a quella gialla o nera o olivastra. Appartiene all’uomo dai capelli biondi». Guglielmo II intervistato da William Hale del New York Times il 19 luglio 1908. Paradossalmente furono i popoli bianchi e biondi a fargli il pagliatone. Il kaiser Guglielmo (un trumpiano di inizio Novecento?) fu la prima vittima illustre dell'occidentalismo. Intendiamoci, anche i gialli o i neri o gli olivastri gli avrebbero fatto il pagliatone, se solo avessero potuto. Voglio solo ribadire che nell'agone globale, contrariamente a cio' che sostengono certi commentatori con l'anello al naso, non esiste alcun tipo di solidarietà razziale, religiosa, culturale e ideologica. Nel 1908 il futuro apparteneva all'uomo dai capelli biondi, ma non erano i biondi crucchi guidati dal nipotino della regina Vittoria. Il Vecchio Continente, per geografia, costumi e cultura, occupa una posizione mediana tra Occidente e Oriente. Da quando si è messa in testa di appartenere all'Occidente anglosassone, l'Europa non conta più una cippa. E per vincere la frustrazione va a suicidarsi (congelare o farsi disintegrare dalle artiglierie nemiche? I modi di farla finita abbondano) nelle steppe russe. Le rivelazioni del quotidiano atlantista Bild sono assolutamente verosimili e scoprono l'acqua calda. Cercare il suicidio a est, ecco il nostro imperativo esistenziale, “l'eterno ritorno dell'uguale”. La storia dell'Europa, da Napoleone (si liberò frettolosamente dei possedimenti americani, Louisiana in primis) a Macròn e Scholz, passando per il sunnominato proto-pirlacchione prussiano (forse il meno colpevole della partita) e l'energumeno austriaco, è l'enciclopedia del dilettantismo strategico, dell'analfabetismo geopolitico, della credulità e della dabbenaggine – credulità e dabbenaggine di chi crede nella favola bella dell'Occidente bianco e cristiano unito e solidale. Originally posted in:
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"I' mi son un che, quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
ch'e' ditta dentro vo significando"

Purgatorio, canto XXIV

Per me, la scrittura è questo e credo che i miei due amori, Dante e San Giovanni apostolo, la rappresentino alla perfezione.

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«Non pregarmi di lasciarti, per andarmene via da te; perché dove andrai tu, andrò anch'io;
e dove starai tu, io pure starò; il tuo popolo sarà il mio popolo, e il tuo Dio sarà il mio Dio.»
(Rut 1:16)

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"Vedesti", disse, "quell'antica strega

che sola sovr'a noi ormai si piagne;

vedesti come l'uom da lei si slega.

Bastiti, e batti a terra le calcagne;

li occhi rivolgi al logoro che gira

lo rege etterno con le ruote magne".

Purgatorio, canto XIX, vv. 58-63

Siamo alla fine del girone degli accidiosi e Dante fa un sogno: una femmina "balba (balbuziente)", cieca, storpia a mani e piedi e dal colorito smorto. Ma l'essere umano non la vede nel suo reale aspetto, bensì attraverso il filtro del suo richiamo seduttivo. Questa femmina, infatti, è un'allegoria dell'incontinenza verso i piaceri terreni, in particolare l'avarizia, la lussuria e la gola, puniti nei gironi successivi. È quindi, questo, un sogno che anticipa quello che Dante dovrà incontrare nel suo viaggio.

Al suo risveglio, Virgilio nota che la sua mente è ancora occupata dal ricordo del sogno e lo incita a passare oltre attraverso i versi che ho scelto di riportare.

Virgilio è sbrigativo e lo esorta a non perdere tempo a rimuginare sul peccato, ma di andare avanti e guardare alle cose celesti.

Troppo spesso, di fronte alle miserie che ci abitano, ci crogioliamo nel nostro non essere degni di accostarci ai santi, troppo spesso ci giudichiamo "troppo peccatori" e questo giudizio implacabile si pone come un ostacolo al cammino verso Dio.

Ma, una volta preso atto di non essere immacolati e perfetti secondo la nostra idea di perfezione, dobbiamo avere il coraggio di presentarci a Dio così come siamo: pieni di difetti, manchevoli, fallibili.

I nostri genitori non ci amano forse nonostante i nostri errori? E come potrebbe Dio non farlo, se sinceramente ci volgiamo a Lui con tutto il carico di vergogna, ma anche di devozione, che portiamo addosso?

Ma a Lui dobbiamo guardare, non a noi stessi, perché dalle tenebre si esce grazie alla luce, e la luce che possiamo trovare in noi non è altro che luce divina.

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