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Possediamo ormai un'abbondante letteratura scientifica a favore della "terapia della parola", alias psicoterapia, spesso altrettanto efficace (e con meno effetti sulla salute del paziente) della terapia farmacologica; nonostante questo, la terapia ospedaliera (oggi più di ieri) verte prevalentemente sul secondo tipo.

Non si tratta solo di un discorso economico (per quanto reale).
La mia impressione è che la scelta dello psicofarmaco (preferita nei paesi a capitalismo avanzato, più ricchi, virtuosi, che ci vengono indicati come modelli esistenziali prima che economici), sia culturale e politica.
Si preferisce il farmaco, perché non implica sacrificio, sforzo, dialogo, pazienza.

Le persone cambiano psicologo come gelato, vogliono risultati in tempi prestabiliti, rapidi. Non è colpa dei pazienti, anzi, spesso sono gli stessi psicologi a favorire queste aspettative (la concorrenza è tanta, bisogna pur vivere).
Foucaultianamente è difficile stabilire dove risieda la responsabilità.

Dopo anni, in cui abbiamo trasformato le scuole di psicoterapia in dei minestroni per tecnici (tutti hanno un approccio eclettico, lo psicologo non segue più questa o quella scuola, ma un insieme di tecniche dettate dai bisogni pratici - altro fenomeno favorito dal mercato); dopo anni in cui la psicodinamica (le psicologie del profondo, che analizzano le dinamiche della personalità, tra cui la psicoanalisi) è stata fatta a pezzi, il servizio sanitario inglese ha pubblicato uno studio (decennale) in cui si dimostra l'efficacia tanto dell'approccio psicodinamico, quanto del cognitivo.
Secondo lo studio, il cognitivo sarebbe efficace in meno tempo e si concentrerebbe su problemi specifici, i disturbi potrebbero ricomparire dopo anni ; la psicodinamica sarebbe una terapia più lunga, che tenderebbe a coinvolgere più ambiti, ma con effetti più stabili sulla personalità.
Un sistema sanitario o un paziente informato dovrebbero scegliere tra queste due tecniche funzionanti, efficaci e curative, stabilendo le priorità in quel momento (e in base alla personalità del paziente: non tutti sono adatti a tutto).

Purtroppo nel capitalismo avanzato, la parola è svuotata, anzi direi che è morta. Le figure di riferimento (che non sono altro che proiezioni dei nostri genitori) devono scomparire, lasciando spazio a questo immaginario narcisistico (la pandemia dei nostri tempi).
Cresciamo persone deboli, che non vogliono confrontarsi, attacchiamo preti e psicoanalisti indicandoli a metà tra il ciarlatano e il pazzo perché non possiamo accettare che qualcuno ancora parli (l'accostamento è volutamente provocatorio).

La sensazione è che il resto del mondo vada avanti, mentre in Occidente siamo ripiegati in idee pseudo-nuovistiche (il metaverso, come proiezione del mondo reale, è un gesto demiurgico -e posticcio- di creare il mondo delle idee di Platone).
Non dico idee vecchie, perché vecchi lo siamo (demograficamente) e come tutti i vecchi viviamo nella paura della morte e della vecchiaia (smettere di cambiare).
Non abbiamo la forza per cambiare e allora facciamo pagliacciate: "Non andare in psicoterapia, prendi lo xanax! Risparmi tempo e denaro... E se non sei convinto, ti mandiamo in un ospedale dove degli ottimi medici formati nelle nostre eccellenti università, ti diranno democraticamente e gentilmente che o prendi il farmaco o non funziona la cura", perché la verità è una sola, quella dell'autorità, quella dello Stato, quella del potere.

Ormai è difficile capire dove finisca la finzione, dove inizi la serietà, dove il complotto, dove la realtà o il reality, dove la fiction e dove l'informazione: "il medico di base ha contraddetto un epidemiologo che diceva che devo vaccinarmi contro il vaiolo delle scimmie, malattia che l'OMS ha detto non pericolosa, nella nuova serie di X-files dicono che è un complotto alieno contro l'umanità organizzato dal deep-state contro Trump per imporre a tutti un'ultra-capitalismo senza diritti sul lavoro e farci perdere l'identità".
La civiltà occidentale è diventata un meta-discorso, milioni di bacheche di Facebook, Twitter, Instagram, milioni di radio e tv accese, di spunte blu su Whatsapp o di accessi mancati su Telegram, di amori reali o transitori su Tinder: "dona per il terremoto dall'altra parte del mondo e bevi coca-cola; vota la prima donna presidente del consiglio e mangia carne di tacchino, oggi in offerta".
In questo finale di partita beckettiano, la velina un giorno balla sulle tv regionali, il giorno dopo sposa il satiro-sultano, il giorno dopo ancora è idolo di una minoranza progressista... Il sultano che uccide i dissidenti compra noto club sportivo e pubblicizza mentine per i diritti umani; nota organizzazione che salva i panda in realtà smercia cocaina a bambini in Papuasia; oggi bombarderemo un popolo di bambini inermi, ma tranquilli splende il sole e fa bel tempo, andate tutti al mare a parlare d'amore!

"Io sto bene, io sto male, io sto bene, io sto male" cantavano i CCCP nel 1986.
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L
Liliana Rasola
Concordo. Quante volte capita che diamo farmaci, quando basterebbe ascoltare?
A
Antonio Catta
Non ricordo chi disse che le parole sono importanti. E' proprio così.
C
CiroBasile
Non siamo più in grado di solidarizzare col prossimo, allora ci inventiamo farmaci che ci assolvano dal nostro egoismo.
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