Erano notti e civette inquiete e barbagianni intenti a scrutare guardinghi, con una maschera di betulla da marionetta di teatro. Erano notti del primo sangue e della luna, volto di mamma, che mi dettava le mie conoscenze di donna. Era un segreto proibito a mio padre, ma lui lo sapeva e non indagava. Io sgusciavo dal mio letto di bimba e mi accucciavo accanto ai vetri della finestra, dove vedevo i miei amici notturni planare in picchiata sui roditori e pensavo a quanto possono essere belli e crudeli i figli di Minerva. Quando crudele era anche il mio sangue, andavo a nuotare nel lago alla fine del tempio e lì sapevo di essere diventata donna, il segno evidente ch'ero di mia madre. Sangue e acqua fluiscono insieme, insieme si mischiano a me e insieme abbandonano il corpo spossato, più misero della grandezza che osa contenere. E mia madre cantava una nenia dal ritmo sempre uguale, culla sonora tra le sue braccia di vento notturno e capelli, pelle, ciglia e lentiggini - proprio le sue - tutto inondato di acqua e destino e impronta di donna. Io, di mio, come Io, cedo alla sua presenza pervasiva, mi svuoto di ciò che compone me stessa - quella che sono agli occhi degli altri, le mille maschere che mi precedono - e resta una piccola scintilla di essere eterno, ma anche la donna - non una donna, ma la donna - che si vive in pura esistenza femminea.

Io c'ero, mio padre era mio padre e dovevo incontrare un uomo che fosse qualcos'altro. E un altro ancora che mi confermasse che io fossi. Così mi aveva detto mia madre, con l'acqua e i sussurri beffardi del vento. Mi diede il segno che cercavo: un corvo svolazza attorno a una tortora, procedono insieme per qualche rametto e poi quella va, all'improvviso, senza ragione. Così aspettai il mio corvo e quello giunse una sera d'estate.
Le feste sono squarci di tempo rubato a ciò che chiamiamo la mia vita, così una fuga di poche ore non si nega a nessuno. Sono attese e mai prese sul serio, nessuno ci investe il proprio futuro, così anch'io ci andai senza impegno e rimasi ingenua alla meraviglia. Le luci, gli scoppiettii colorati e inattesi, il profumo dello zucchero filato e delle caramelle, giullari e saltimbanchi: questo mi aspettavo dalle feste e sempre lo trovavo. Ma gli occhi di rosse scintille e tizzoni brucianti, le vene in rilievo sulle mani che, fiumi, corrono fino a un cuore impaziente: questo no, non lo aspettavo, ma lo trovai accanto a un tendone, un uomo ancora adolescente e già vecchio al tempo stesso. Gli occhi di tavola smeraldina erano incendi di querce secolari e in me era la fiamma da destare, il fuoco di Brigida della creatrice di versi incantevoli.
Figlia del morso e della visione, fu così che mi chiamò. Mi chiamò da lontano, discretamente, con la prudenza di chi misura fino a che punto può tentare la fiducia altrui. Era un gitano, violino del diavolo, stirpe insidiosa e indifferente. Io guardai i suoi occhi cerchiati di fuliggine, pupille distese oltre il cerchio dell'iride e un corvo si alzò oltre di lui. Quello il segnale d'iniziazione, corno che incita alla battaglia.

Scrissi un messaggio per mio padre, lo tracciai su stringhe di foglie d'autunno agitate dal vento e so che comprese. Era il suo destino accettare il destino di quelli che amava.
Per me furono boschi con nomi vetusti e una vegetazione scrigno di medicamenti, veleni, pozioni per aiutare la guarigione. Cominciai a interpretare i segni dell'invisibile e, sempre più, la voce di mia madre penetrò nelle sapienti forme del creato. Il mio vecchio maestro fanciullo mi insegnò il linguaggio di tutte le cose e il nostro passo era quello dei caprioli, la nostra luce era sole e luna intersecati. Mi disse di andare, di notte e di tredicesima luna, sulle rive del Lago delle Streghe, a piedi nudi, palmi aperti, cuore scoperto, occhio limpido.
I raggi di latte e cotone della luna sui miei occhi di barbagianni, balugina argento nei miei pozzi scuri. La veste di candore dipinta è l'unico pudore alla mia innocenza e avanzo, avanzo, avanzo. Soltanto le lucciole s'agitano all'istinto d'amore e avanzano con me, carovane e lanterne in ordine sparso. La selva si apre come un tendone e gli alberi mi fanno spazio, si pigiano ai lati, di fronte a me il ventre fecondo del lago, specchio di astri e di narcisi. Mi sembra di sentire i fili sottili dell'erba farsi più soffici, unirsi alla terra, che si fa umida e scura e profumata, s'appiccica ai piedi marmorei. Il mio corvo ragazzo mi aveva detto di immergermi, senza paura, con la fortuna a guidare i miei passi. Le cose si sentono meglio con gli occhi chiusi, così avanzo bendata di ciglia.

Il vento, lo sento sempre per primo... Si fa aria per non agitarmi, soffio sottile di amico antico. La veste si adagia sull'acque prima di sprofondare, le cosce son già rapite dal solletico liquido del lago. Poi l'inguine, i fianchi, la pancia. Mi fermo e respiro, le dita lo sfiorano appena, attorno un silenzio tombale. Morire in acqua, l'ho pensato tante volte, forse è così che avverrà. Non faccio in tempo a pensare il mio e già affiorano nuovi pensieri, intrusi. Dentro di me, una che non sono io.
Ha volto di civetta, copricapo di piume, corpo coperto da una veste scura. Non è me, ma sono io, questo mi sembra. Poi una voce che non posso udire, è tutta interiore, non la posso riferire. Mi parla di quando ero ancora nel cosmo e tutti mi sapevano civetta, parente di Minerva, occhio scintillante. Fruscio di piume di un tempo lontano, vista lunga, segreti che non sapevo di sapere. Tutto riemerge insieme al mio corpo, tutto ritorna dalle acque profonde del lago. Sento le sue braccia dentro le mie, il suo labirinto nelle mie viscere, la sua conoscenza nei capillari. Ora conosco l'illusione del tempo, il sacro movimento delle stagioni, l'asse dell'albero che benediceva l'amore dei miei genitori.
Esco e sono io, più me di quanto non fossi prima dell'acqua, prima del lago e delle lucciole, prima dei miei piedi nudi in terra consacrata. Esco e ritorno, esco e rinasco in piume e glaucocchio, son le civette a scortarmi dal corvo, mi restituiscono il mio copricapo di piume marroni stiate di bianco.
Figlia di un morso e di una visione, Masca signora di tutti i notturni. Non ero sola nella mia notte di luna piena, lui mi guardava e meravigliava della visione di cui ero figlia. Solo il mio corvo sapeva che sarei volata via con lui sotto la luce di una luna di miele.

Comments

Media

Blog entry information

Author
Mina Vagante
Views
265
Comments
1
Last update

More entries in Personale

  • Starei ore ad ascoltarti.
    Perdonatemi i toni poco seri. Con i miei brevi articoli cerco ogni tanto di distrarvi/mi ed alleggerire dal peso della tanta tensione che stiamo vivendo. La mia non è superficialità ma un...
  • TR♡PPO NAPOLETANO
    Venerdì scorso ho vissuto un'esperienza esilarante presso la sala conferenze di un lstituto Superiore in provincia di Cuneo. Dovevo presentare una lezione agli studenti sulle Malattie a...
  • Cogli la prima mela - Se tu sei il cielo
    Mio padre aveva preso a cercare mia madre in ogni cosa, perché Dio era in ogni cosa e mia madre doveva essere con Lui. E indicava mia madre anche a me, nel racconto gentile dei suoi segreti. Non...
  • Cogli la prima mela - capitolo 1
    Nessun figlio conosce i genitori che erano ragazzi, virgulti scarmigliati e felici, ruggenti leoni della loro estate. Vi è il tempo passato che esiste al pari di un sogno, sfumato e indelebile...
  • Capire l'umanità (di Franco Marino)
    Un contatto, tra i più affezionati, è rimasto deluso dai risultati della campagna di donazioni perché, a suo parere, i risultati previsti non sarebbero eccezionali. Questa persona, che trova...

More entries from Mina Vagante

  • L'Amore, il comandamento cristiano
    - 21 Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e...
  • Nessuno si salva da solo, neanche una donna
    Nessuno si salva da solo, ma la donna deve salvarsi da sola, scalare l'Everest col pupo tra le braccia, mentre è in conference call con l'AD di una multinazionale cinese. La cosa che più ci...
  • Il Ragazzo e l'Airone - E voi come vivrete?
    Tenevo tanto a vedere questo film e non solo perché Miyazaki mi è entrato nel cuore con Il castello errante di Howl. Ci sono scelte che non precedono dalla prospettiva di una qualche forma di...
  • La sapienza dell'Anima
    Nel suo ultimo articolo, l'amico Franco Marino ha manifestato preoccupazione circa le sorti della Chiesa cattolica, dimostrando un turbamento che non si è abituati a vedere in un agnostico e in...
  • "Ha guardato l'umiltà della sua serva" - Maria, l'umiltà e la beatitudine
    Una delle preghiere più belle della liturgia cristiana ci è stata donata proprio dalla donna celebrata oggi, 8 Dicembre, Maria Madre di Dio. Questa preghiera è il Magnificat e, a fronte di una...
Top