Un contatto, tra i più affezionati, è rimasto deluso dai risultati della campagna di donazioni perché, a suo parere, i risultati previsti non sarebbero eccezionali. Questa persona, che trova doveroso che io non mi faccia problemi a chiedere donazioni e ritiene che i miei articoli li meritino, tuttavia parte dallo stesso errore che avrei commesso io se questa iniziativa l'avessi lanciata una ventina d'anni fa: illudermi di un'umanità pronta a trasformare le proprie chiacchiere in fatti. Ma quasi venticinque anni di carriera lavorativa nella creazione di comunità digitali non soltanto mi rendono contento della raccolta fondi ma, anzi, penso che sia andata ben oltre le mie aspettative, e devo spiegare perché, premettendo che comunque l'articolo non verterà su questo punto, che al massimo costituisce semmai uno spunto per introdurre riflessioni più ampie, non solo imprenditoriali ma anche politiche e cioè: come si crea un progetto di successo? Perché invece molti partiti, molte riviste, molte imprese falliscono?

Chi si lancia in imprese che richiedano la presenza di tante persone, ben presto distinguerà tre tipologie di persone:
- Quelle che sono davvero ciò che dicono e che si annoverano grossomodo attorno all'1%
- Quelle che dicono di essere ciò che non sono, ma sanno di non esserlo (e quindi sono cialtroni e truffatori) e che si accostano attorno al 5%
- E la stragrande maggioranza, accostabile al 95%, di quelle che dicono di essere ciò che non sono, pur credendoci con una tale pervicacia che i fessi che li ascoltano quasi ci cascano.

Quando ho creato La Grande Italia, l'ho fatto sapendo benissimo la distribuzione attraverso queste tre categorie dell'umanità. In quanto tale, non mi sono mai illuso di raccogliere un immediato riscontro positivo. Ed anzi, sulla base della mia conoscenza, non posso che essere soddisfatto dei risultati fin qui ottenuti.
Se mi fossi illuso che rapidamente saremmo diventati il nuovo Facebook (Sovranbook o Dissensobook) e che invece dei 1200 euro che sono arrivati finora, me ne dovessero arrivare 12000, è ovvio che sarei rimasto deluso.
Ho talmente tanta esperienza alle spalle che ormai la gente la conosco bene. E questo mi permette di non riporre illusioni di alcun tipo, mai.
Sembra una banalità, ma chi crea un progetto che ambisca ad essere di successo, deve conoscere bene il suo cliente/lettore/elettore quel che è. Soprattutto se lo crea nell'ambito del dissenso. E molti sono davvero convinti che la gente che protesta delle censure di Facebook, che si lamenta della Dittatura Sanitaria, Climatica etc. non veda l'ora di fare la rivoluzione. Nella realtà, i social sono il regno della chiacchiera vuota, fine a se stessa, popolati da gente profondamente annoiata che, presa com'è nel vendere di se stessa un'immagine che non risponde al vero, vi si iscrive nell'illusione, nutrita a dosi di like, di poter arrivare a Palazzo Venezia o quantomeno di diventare il nuovo guru al quale tutti consacreranno la propria vita. Una sorta di Voghera/Anghiari/Pollena Trocchia's got talent, ma calato nel rassicurante silenzio della digitalità, solo di tanto in tanto interrotto da qualche notifica sonora.
L'ideale ci dice che siamo pieni di rivoluzionari pronti a riversarsi nelle piazze per scardinare "questi farabutti". La realtà ci dice che i tanti che ogni giorno protestano contro il sistema, sarebbero pronti a diventare scalmanati elettori del PD, se la Schlein desse loro uno stipendio da 2500-3000 euro al mese.

Questo non significa che non si debbano avere ideali e progettare su di essi. Semplicemente, vanno calati nella realtà dell'umanità per quel che è. Non bisogna né avere l'illusione, tipica di molte star che arrivano al successo, che quell'ondata di amore e di affetto sia autentica, né adottare l'approccio rancoroso tipicamente grillino di chi si aspetta un'umanità ascetica, missionaria, che autocastra le proprie ambizioni per un presunto bene superiore. L'umanità va semplicemente cavalcata verso il nobile orizzonte dei propri ideali. Ma per poterla cavalcare, bisogna conoscerla. E l'umanità, lo sappiamo, dice di difendere l'Italia ma utilizza servizi e compra prodotti di aziende che pagano le tasse all'estero; professa sentimenti d'amore e di amicizia ma nei momenti difficili non è mai dalla nostra parte se non a chiacchiere; si batte per il sovranismo ma non con lo spirito di chi ama il Paese ma di chi, impoveritosi, si illude che con l'uscita dall'Euro, dall'Unione Europea e da altri enti, ringiovanirà e tornerà ad avercelo duro come quando era giovane. E spesso tutte queste dissonanze le vive senza malizia, credendo davvero di impegnarsi.

La Grande Italia è un progetto in Alfa Test. Finora alcuni problemi personali hanno rallentato questo percorso ma quando potrò finalmente avviare l'app nativa, il revenue sharing - cioè la gente potrà guadagnare dalla pubblicità dei propri contenuti e ricevere, a propria volta, donazioni e abbonamenti - e lanciare ufficialmente il progetto, attrarremo quei tanti che, scrivendo da noi, avranno quella visibilità che, invece, attualmente, li inchioda nei social mainstream. Questo progetto ha un piano di investimenti e di rientri. E le donazioni sono un utile aiuto per avvicinarci al lancio ufficiale.
Non mi aspettavo certo decine di migliaia di euro di donazioni. Non mi aspettavo che quelle migliaia di persone che hanno messo like ai miei post su Facebook, si registrassero subito a migliaia sin dall'Ottobre del 2022. Come non mi aspetto in generale nulla dal prossimo.
Nei confronti di chi ha donato qualcosa al mio progetto, tanto o poco che sia, io proverò sempre la gratitudine profonda che si deve a chi ha creduto nel nostro progetto.
Gli altri? Saliranno sul carro dei vincitori come sempre accade. Ma non me ne cruccio. Le delusioni arrivano quando ci si illude. E io non solo non mi illudo mai ma, anzi, mi aspetto sempre il peggio dal prossimo per poi sorprendermi positivamente quando, come è avvenuto in questa campagna di donazioni, ricevo più di quanto mi aspetto.
E intanto, sono contento e ringrazio chi ha dimostrato fattivamente di credere in me e di volere il bene mio e delle cose che faccio. Senza rancori nei confronti di chi, invece, non ha voluto investire in me, che è e rimarrà sempre il benvenuto qui dentro, ma che al tempo stesso perde il diritto di lamentarsi se viene censurato dai social e non sa dove andare.
Qui, se vuole, un posto lo avrà sempre.

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Franco Marino
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