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Caligorante

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Accadeva centonovantasette anni fa. 24 novembre 1826. Nasce a Firenze Carlo Lorenzini alias Carlo Collodi, maestro del giornalismo comico-umoristico, notista politico e osservatore del costume, acuto fustigatore dell’Italia – risorgimentale, post-unitaria nonché della «Toscanina» granducale – di cui condannava l’arretratezza, il parassitismo dei notabili, l’immobilismo contadino e lo scarso sviluppo di una borghesia capitalistica moderna e dinamica. È ricordato soprattutto come autore de Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, uno dei più originali e celebrati classici della letteratura per grandi e piccini, pubblicato a puntate sul supplemento del Fanfulla nel biennio 1881-82. Collodi è stato il modello di certe penne novecentesche, da Cesare Zavattini a Giovannino Guareschi, Alberto Savinio. L’intelligente umorismo e la capacità di captare i sentimenti profondi dell’essere umano, ma anche la straordinaria felicità di stile – fatto di ritmi vivaci e di una lingua chiara e moderna, ricca di registri e aperture lessicali – fa di Collodi un vero e proprio ambasciatore della lingua italiana nel mondo. Viaggiò parecchio allo scopo di tenere contatti utili alla causa risorgimentale; ciò gli permise di studiare la società e di riversare le proprie esperienze nella prosa destinata agli adulti: dai Misteri di Firenze (1857) ricalcate sull'esempio di Eugène Sue, a Macchiette (1880), dai Ragazzi grandi (1873) a Occhi e nasi (1881). Partecipando al dibattito sul romanzo stimolato da Manzoni, e con un occhio alla coeva letteratura internazionale, Lorenzini seppe mantenersi equidistante rispetto al tardo Romanticismo e al Naturalismo. Da autore versatile, si dedicò al teatro per oltre un ventennio con fortune alterne: apprezzato dal pubblico, osteggiato dalla critica. Da critico letterario, fu tra i primi a notare l’esordio di Giosuè Carducci ad esempio. Nell'ambito della critica dell'arte, Lorenzini-Collodi fu anche il primo a cogliere l’importanza dei pittori Macchiaioli e a sostenerne la battaglia di svecchiamento delle istituzioni accademiche. Infine, con i vari Giannettino (1877) e Minuzzolo (1878) Collodi svecchiò non solo la manualistica destinata alle scuole elementari ma anche la seriosa pedagogia del tempo. Nonostante l’educazione religiosa ricevuta dalla madre e la frequentazione diligente del Seminario, nutrì fin dalla giovane età idee liberali. Non credette nel mito del neo-guelfismo, del Papa-Re (Pio IX) promotore del movimento per l’indipendenza italiana, come profetizzato da Vincenzo Gioberti. Il suo punto di riferimento fu e resterà l’antitesi del potere temporale della Chiesa: Giovan Battista Niccolini, espressione più alta del neo-ghibellismo della metà dell’Ottocento. Fu vicino al pensiero di Giuseppe Mazzini, pur non potendosi definire «mazziniano sfegatato» come lo classificò Ferdinando Martini. Durante i moti del 1848-49 appoggia il Governo Guerrazzi-Montanelli nel Granducato lorenese e plaude alla proposta della Costituente. Negli articoli pubblicati nel «Lampione», nato nel luglio del 1848, attacca i “codini”, ovvero i clericali: laicismo, pungente carica ironica e sarcastica erano gli ingredienti con cui venne realizzato quel foglio popolare, corredato dalle caricature di Cabrion, il disegnatore Nicola Sanesi, e Mata, cioè Adolfo Matarelli. Si batté per l’indipendenza dall’Austria, con le parole e con i fatti: volontario, partecipa con i giovani del II battaglione fiorentino all’epica battaglia di Curtatone e Montanara. Fra il 1849 e il 1859 matura il totale distacco dalla Toscana dei Lorena, attenua il suo mazzinianesimo, si avvicina agli ambienti moderati e vede come unico realizzabile il programma unitario sabaudo. Si arruola ancora una volta come volontario nel reggimento Cavalleggeri di Novara. Illuminante è la sua cronaca-commento sulla «Nazione», il quotidiano voluto e fondato da Bettino Ricasoli, idei risultati del Plebiscito per l’unione al Regno di Sardegna: «Osanna!» – scrive all’indomani dell’11-12 marzo 1860, appena conosciuti i risultati – «finalmente ci siamo contati: non più scuse, non più sconce finzioni, non più insinuazioni maligne. I due partiti si sono divisi l’uno dall’altro, come si divide l’acqua dall’olio; di qui gl’italiani, di là i separatisti», vale a dire i clericali e i nostalgici del Granduca. Solo la sua voce “sicura e animatrice” si levava di tanto in tanto «in mezzo a profondi silenzi della oppressione e del servaggio». Altrettanto decisa la denuncia di Lorenzini di ogni rivendicazione di legittimità del potere temporale. La religione non si diffonde né si protegge con mezzi violenti; «ogni colpo dato alla libertà dei popoli, oggi è un colpo dato alla religione». Conclusa la fase “eroica”, culminata nella proclamazione del Regno d’Italia, si accentua la lunga stagione delle speranze disattese, delle occasioni perdute, che lo rende sempre più insoddisfatto. La classe politica governante, Destra o Sinistra che sia, gli appare inadatta a risolvere i gravi problemi del Paese, lontana dalle necessità della gente, e l’attacca senza mezzi termini dalle pagine della «Nazione», della «Gazzetta del popolo» e (dal 1870) del «Fanfulla». Critica il rigore eccessivo di Quintino Sella, in primis la vessatoria imposta sul macinato. Polemizza con Cesare Correnti, ministro della Pubblica Istruzione del Governo Lanza (dal maggio 1869 al maggio 1872), per l’inadeguatezza dei suoi interventi sull’analfabetismo. Nel 1884, facendo un bilancio della Legge Coppino, la sua protesta sarà spinta al paradosso nella lettera aperta intitolata Pane e libri: «il proletariato cencioso e affannato, che non ha da portare alla sua famiglia altro nutrimento che pochi torsoli di cavolo raccattati nella spazzatura, che cosa volete voi che si faccia della vostra istruzione o dei vostri libri?». Prima il pane, poi lo spirito. Quell’Italia in cui affiorano gli scandali, l’interesse di parte prevale su quello generale e la corruzione si diffonde non gli piace. C’è chi ha scritto che la delusione lo indusse ad abbandonare il giornalismo politico e militante per “rifugiarsi” sempre più nel mondo limpido e puro dei racconti per ragazzi. Certo influì la diffida dei Ministri dell’Interno, da Nicotera a Crispi: era anomalo un pubblico dipendente che infieriva sulla politica. Strenuo difensore della proprietà privata, non si lascerà mai attrarre dal nascente socialismo. Memore de i Doveri dell'uomo mazziniani, auspicherà una più equa ripartizione delle risorse, il miglioramento delle condizioni delle classi più povere. Pinocchio, superbo romanzo di formazione, dismette gli abiti del burattino per indossare quelli di un ragazzino in carne ed ossa allorché “accetta” le regole della società in cui vive, a cominciare dal rispetto dei figli verso i genitori e la morale del lavoro. Quello dei falsi amici (pensiamo al Gatto e alla Volpe!), tali solo per motivi di calcolo e di interessi, è uno degli argomenti preferiti di Collodi. In Amici miei scrive «Guardatevi dunque non dai nemici ma dagli amici. Avviso al Popolo!». Nella fattispecie i “falsi amici” del popolo sono l’anarchismo socialista di Proudhon e il federalismo di Giuseppe Ferrari. Originally posted in:
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THE WHALE - SULL'AMORE VERREMO GIUDICATI

Charlie è un docente universitario che, nella vita, ha perso tutto: un grande amore, l'affetto di sua figlia, la possibilità di una vita normale.
Il suo corpo è enorme e, all'apparenza, sembra riflettere il peso del fallimento delle sue scelte.

Questo film mi ha portato a meditare il tema della sofferenza.
Il corpo di Charlie si fa centro gravitazionale, attorno a cui ruotano le sofferenze delle persone che entrano a contatto con lui e che, attraverso lui, si scoprono delle loro più grandi fragilità. "Scrivete qualcosa di sincero", sembra dire a tutti.

Il suo corpo parla, "scrive" per lui.
Per tutto il tempo del film, una visione romantica ci spinge a pensare che Charlie voglia soffrire perché ha perduto l'amore della sua vita, Alan.
Incessantemente, Charlie invoca l'amore perduto attraverso le parole di un tema su Moby Dick.
Ma non è Alan che invoca, bensì sua figlia Ellie.

A pensarci bene, alla fine del film, le vite di Charlie e Alan anelavano a un amore che andava oltre il loro sentimento reciproco, perché il tormento interiore, intimo e personale, non si poteva risolvere all'interno della coppia.
Di Alan si sa tanto quanto si può intuire dalle parole di sua sorella, ma la morte di Charlie apre le porte alla sua redenzione, perché coincide con un atto di grande compassione: il perdono da parte di sua figlia.

Più che mai, questo film fa risuonare in me una frase: sull'amore verremo giudicati.


The-Whale-film.jpg
La colpa è stata addossata ad un 71enne di sinistra che ha compiuto l'atto criminale, ma sicuramente dietro ci sono gli americani, dato che il Primo Ministro è molto amico di Putin.

Il provvedimento del Governo in materia di lavoro ai giovani mi trova molto discorde.
Si incentivano le imprese ad assumere solo giovani del Sud, creando di pari passo disoccupazione dei giovani al Nord. Soprattutto è un provvedimento incostituzionale, dato che crea differenze e disparità tra cittadini.
Semmai dovevano incentivare le assunzioni imponendo pari percentuali di occupazione in tutto il territorio nazionale, isole comprese.
Quando la classe politica è ignorante e incapace, e non mi riferisco solo a quella di Governo, ma a tutto l'arco parlamentare accade questo orrore.
Occorrono nuovi politici, preparati e soprattutto che amino l'Italia e siano disposti a sacrificarsi per essa.
“Quello che sta avvenendo a Gaza è come se noi, per catturare Matteo Messina Denaro, avessimo raso al suolo la provincia di Trapani, anzi è peggio, perché mentre lui non si è mai mosso dalla provincia di Trapani, i capi di Hamas di certo non sono a Gaza.
Eppure, per comprendere la complessità del conflitto senza ridurla a sterili tifoserie, studiare la storia è un elemento essenziale: “È ovvio che se ci fermiamo all’istantanea degli ultimi sei mesi, con il massacro e i crimini di guerra di Netanyahu e del suo esercito ai danni della popolazione di Gaza, tutte le ragioni del mondo sembrano essere solo da una parte, ma le cose sono più complesse di come sembrano.
È difficile immaginare quali possano essere le vie d’uscita da questo conflitto fino a quando non emergeranno figure che sappiano ‘andare oltre se stessi’ come avvenuto in Sudafrica quando si mossero i primi passi per smantellare l’apartheid.
È ovvio che ci siano proteste se pensiamo che a Gaza si contano 35 mila morti in sei mesi, su due milioni e mezzo di abitanti, quasi tutti civili e bambini. Per fare un paragone basti pensare che in due anni e due mesi in Ucraina ci sono state 10.000 vittime civili su 40 milioni di abitanti, eppure a Netanyahu nessuno osa dire nulla e nei confronti di Israele non è scattata ancora nessuna delle sanzioni che hanno colpito i russi a poche ore dall’aggressione.
Quindi la rabbia è perfettamente comprensibile, rimarca il direttore del Fatto, “però oltre alla rabbia bisognerebbe studiare la storia, per capire come siamo arrivati fin qui è come se ne può uscire”.
cit. Marco Travaglio

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  • I radical chic di destra, riescono ad essere più urticanti dei loro omologhi di sinistra.
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