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Altro periodo dell'Impero Romano d'Oriente che merita di essere approfondito è quello noto come "anarchia dei vent'anni".
Va dal 695 al 717, lungo ventidue anni, in cui una serie di colpi di stato militari, congiure, assedi e guerre destabilizzarono Costantinopoli e le sue province.
Il ventennio inizia sotto il duro dominio di Giustiniano II (ultimo della dinastia eracliana) che condusse una politica estera e interna molto spregiudicata. Si allontanò dal mondo antico, abolì la carica di console unita a quella di Imperatore (si concludeva il ciclo storico aperto da Ottaviano il 27 a.C.). Dopo una secolare gestazione e uno spostamento geografico-linguistico-religioso le ultime vestigia della Repubblica Romana venivano cancellate.
Quanto vive una civiltà? Quando muore? Come cambia? Quando si può parlare di evoluzione e quando di sostituzione completa?
Difficile un taglio netto in un discorso così complesso. Le civiltà hanno vita lunga, talvolta lunghissima e questo vuol dire adattarsi, mutare, ma conservare caratteristiche riconoscibili.
Sette imperatori (otto se si considera la ripresa della corona da parte di Giustiniano II) in poco più di vent'anni, l'assedio arabo, le faide religiose, le rotture e riconciliazioni col Papa di Roma e il peso sempre maggiore esercitato dai Bulgari nei Balcani.
Nella visione occidentale, l'Impero Romano d'Oriente diventa Bizantino (termine moderno, illuminista, per contrapporre Costantinopoli all'Occidente, per creare una storia profonda che confermi le aspettative eurocentriche di un Oriente esotico, autocratico, immobile).
Difficile però, studiando questo periodo, non trovare tracce di antichità, un filo rosso, forse col senno del poi.
Il peso della religione nella vita dello Stato e nei processi identitari (alcune eresie furono la bandiera di alcune province, permettendo di rivendicare una propria storia).
Forse Costantinopoli era già altro; una filiazione diversa del mondo classico, del mondo mediterraneo o forse ne era l'unica filiazione, accettando l'Europa moderna al più come figliastra nata dall'unione col mondo germanico.
Così, tra gli Slavi rimase vivo il mito della Terza Roma (che i russi gestirono con un'accorta politica matrimoniale e con il ruolo speciale assunto dalla Chiesa Ortodossa e dagli zar, derivati etimologicamente da Cesare).
Provando a fare uno studio asettico, di ciò che chiamiamo Occidente, diventa chiaro che in principio Occidente è qualcosa di vago, astratto, non possiamo dire che le poleis greche fossero Occidente, al più si sentivano Ellade (greche, quindi) e la fedeltà era più alla città che a un presunto gruppo.
Roma creò un impero universale, unificò popoli imparentati tra loro o che imparentati non erano, ma che da sempre erano in contatto, che si conoscevano, che erano diventati simili per frequentazione.
Sappiamo però, che non basta conquistare un popolo per cancellare una civiltà e proprio perché la Grecia non era Occidente come lo intendiamo oggi (si tratta di una rielaborazione dell'Umanesimo), questo elemento ellenistico (tardo greco) riaffiorò come un fiume carsico nella storia.
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