Nonostante il fallimento di due banche statunitensi stia passando come cosa di poco conto sui mezzi di disinformazione nostri e stranieri, l'evento rimane eccezionale e va preso sul serio, dedicandovi l'attenzione che merita. Perché non è mai poco il tempo impiegato a considerare la natura dell'economia finanziaria dentro a cui viviamo tutti, e sempre peggio, va detto.

Intanto la Silicon Valley Bank, a dispetto della posizione in graduatoria (16ma banca USA), era quella tramite cui passavano il 50% degli stipendi delle aziende tecnologiche, e anche quella che investiva principalmente in questo settore, ossia quello sbandierato come “di punta” nell'economia degli ultimi 25 anni. Basterebbe questo a far sospettare che ci sia qualcosa di poco simpatico dietro. Ma in realtà quello che tutta la storia stimola a rivedere va ben oltre gli affari delle Big Tech in California.

È successo che la banca in questione faceva quel che fanno tutte le banche: raccoglieva denaro dal pubblico (in questo caso, per la maggior parte le aziende del settore) e lo usava poi per concedere prestiti (magari alle stesse imprese o ad altre in via di creazione e crescita). Parte di quella raccolta era poi investita anche in titoli di stato, privi di rischio perché garantiti dallo Stato. Il fatto che titoli di questo tipo perdano di valore al salire dei tassi di interesse è un meccanismo che conosce qualsiasi studente di economia finanziaria, ma c'è anche da dire che tale perdita è solo fittizia, in quanto, a scadenza, lo Stato rimborserà comunque il 100% del suo valore. La perdita si ha solo rispetto al valore di acquisto, dato che anche i titoli di Stato sono scambiati tutti i giorni sul mercato e soggetti a tutte le speculazioni e alle distorsioni di quel mondo torbido, e tossico, che è costituito dagli operatori finanziari. La banca è caduta in una trappola abbastanza semplice: voci di perdita su questo portafoglio di titoli di Stato hanno fatto temere per la sua stabilità, i depositanti hanno richiesto indietro il proprio contante, la banca, per rimborsare, ha venduto i titoli a valore scontato rendendo reali quelle perdite fittizie, e cadendo in una spirale che l'ha portata a dichiarare di non poter più rimborsare i correntisti. Di qui la bancarotta.

Il punto principale della catena, quello che svela la perversione e il peccato originale del sistema tutto, sta nel fatto che, al momento in cui i correntisti hanno richiesto indietro i propri soldi, la banca non li aveva. E non perché fosse stata gestita in modo dissennato da una manica di incompetenti o di criminali che avevano sperperato o occultato il denaro, anche se la narrazione punta il dito proprio su questo e in effetti errori di calcolo sono stati fatti. Il punto è che nessuna banca, e sottolineo NESSUNA, né negli USA né in nessun altro Paese ad economia di mercato, ha mai una quantità di contante sufficiente a rimborsare una richiesta di rimborso superiore anche di poco a quelle in situazione di calma piatta. E questo per la stessa natura del sistema finanziario occidentale.


Si parla spesso di “signoraggio” in ambienti definiti complottisti, ma nessuno ha mai individuato il vero signoraggio praticato dal sistema bancario che è una vera e propria creazione di denaro fittizio, in quantità abnorme, tramite il credito. E che è studiato in ogni manuale e facoltà di economia come se fosse qualcosa di assolutamente naturale, anzi, una gran bella trovata. Cercherò di spiegarlo in maniera semplice, perché è fondamentale capirlo per comprendere il nocciolo della questione.

Poniamo che per semplicità nel sistema finanziario globale esista solo una banca, che chiameremo Banca Uno tanto per capirci, riceve dai correntisti una quantità di denaro contante, che mettiamo pari a 100 (euro, dollari o qualsiasi altra valuta). Immediatamente dopo, concede crediti ad imprese o consumatori, dato che è su quelli, e con l'interesse percepito, che fa profitti. Altrimenti non lavorerebbe neppure. Deve tenere una certa quantità di contante in cassa, perché capita sempre che i correntisti, tramite il bancomat o (sempre più di rado) allo sportello richiedano parte del denaro indietro. Il calcolo della banca è che questi prelievi siano ridotti e compensati l'uno dai versamenti dell'altro, quindi calcola che, se ogni giorno la quantità massima di denaro che deve restituire è 10, possa emettere crediti per il restante importo, che è 90. I crediti concessi da questa banca le tornano automaticamente in cassa, sotto forma di pagamenti o di depositi, dato che chi ha ricevuto un credito se lo ritrova in conto, e se effettua pagamenti questi vanno sul conto di altri, ma nella stessa banca Uno. E il processo ricomincia. I 90 in cassa si dividono in un decimo di cassa fissa e il restante, pari a 89, in nuovi crediti. E badate bene che si sta parlando sempre degli stessi soldi iniziali di 100 versati dai correntisti, che hanno già prodotto 90+89=179 di denaro virtuale in circolo. Una cifra superiore già di 79 unità ai depositi iniziali. Già al secondo passaggio, come vediamo, la banca Uno non potrebbe rimborsare una cifra superiore a 10 in caso di richieste superiori a quanto previsto da parte dei propri correntisti, ma ha già provocato la creazione di una massa di denaro virtuale che però, per sua natura, continuerà questo meccanismo sino ad esaurimento del denaro inizialmente versato. Esiste una formula in matematica finanziaria che può calcolare questa quantità, e dipende dalle riserve tenute in cassa dalle banche del sistema. Se queste sono di circa un decimo, la cifra totale sarà di dieci volte superiore. In sintesi, una banca ha ricevuto 100, ha creato 1000 (virtuali), ma in cassa tiene solo 10. È una proporzione che si intuisce abnorme e che diviene ancora maggiore se pensiamo che il sistema finanziario non è costituito da una sola banca, ma da una miriade, nazionali ed estere, tutte impegnate in una catena di scambi che non ha praticamente fine. Le cose si complicano, se si considera l'esistenza di prodotti finanziari la cui esistenza è possibile anche senza la presenza di denaro contante, come i derivati, che hanno portato la quantità di valore virtuale globale superiore di molte volte a quella di tutti i beni e servizi tangibili di tutta l'economia globale. In mezzo a tutto questo castello di carte, basterebbe un refolo d'aria appena maggiore del solito per provocare un crollo generale. E infatti chiunque avesse più di diecimila euro in conto, se solo ne chiedesse il rimborso alla propria banca, vedrebbe il panico allo sportello: proverebbero a convincerlo a fare un bonifico, ad accettare soluzioni alternative, alla fine sarebbe costretto a tornare in seguito e a ritirare a rate. E parliamo di una cifra ridicola di fronte alla quantità di denaro maneggiata da una qualsiasi banca. Provate a pensare al caso in cui richieste del genere siano decine. O centinaia. O ve ne fossero per centomila, duecentomila euro. A testa. Sarebbe il crollo generale del sistema finanziario occidentale.

A me questo sistema era parso illogico e instabile sin dai giorni della facoltà. Eppure nessuno, né il manuale scritto da un premio Nobel, né il professore, né uno solo dei colleghi studenti, pareva pronto a farsi una domanda su questa base. Alla fine il sistema funziona, no? E nei secoli ha sostenuto le rivoluzioni industriali e ha favorito il benessere di mezzo mondo. Che sono risposte retoriche e non scalfiscono per nulla il punto, che è di semplice sostenibilità matematica. Anche perché, se vogliamo andare al fondo del ragionamento, negli ultimi due secoli il Sistema si è espanso a spese della periferia travasando una quantità enorme di risorse e ricchezze dalla periferia (Sudamerica, Africa, Asia) verso il Centro (Europa, Nordamerica e scampoli in Oceania e Giappone). Si è basato su di una crescita infinita che è materialmente impossibile (ogni fenomeno naturale raggiunge un apice e poi crolla al livello iniziale). E oggi siamo già testimoni dell'inversione di più di un fenomeno. Ad esempio, il flusso di risorse sta andando in direzione della Cina, da cui compriamo senza rivendere nulla in quantità paragonabile. Quindi, l'irrazionalità del funzionamento del sistema bancario moderno resta. Ed è palese anche a considerarlo sotto altri rispetti.

Ad esempio, si tratta da anormale la richiesta dei correntisti di ricevere indietro i propri soldi. Mentre si considera normale prestare (ad interesse) dieci volte più denaro di quanto non se ne abbia, confidando in calcoli che non considerano nessun evento che non sia un banale incidente di percorso. Risultato: basta che qualche cliente in più richieda i propri soldi indietro, ed è la bancarotta. Come se si trattasse di un evento imprevedibile e mostruoso.


A questo punto è del tutto chiaro il perché ci sia tanta pressione perché si vada verso l'abolizione del contante: in un caso del genere, cesserebbero tutti i problemi per il sistema bancario. Nessuno metterebbe più in crisi le banche perché nessuno potrebbe più sottrarle loro i propri soldi. La banche sarebbero padrone di ogni centesimo che, a norma di legge, ci appartiene. La cosa potrebbe sembrare innocua ai più candidi: se le banche ci permettono di usarli, che male ci sarebbe? A parte il suono sinistro di quel “permettere di usare” qualcosa che viene dal nostro lavoro ed è di nostra proprietà, e che, semmai, dovrebbero usare LORO col nostro permesso. A parte eventuali scenari distopici in cui entità finanziarie malevole potrebbero spegnere la vita di chiunque, per motivi di opportunità, non ultima quella politica, senza alcuna difficoltà, semplicemente azzerandogli il conto o bloccandogli le carte di credito. Cadrebbe in questo caso l'ultimo argine all'onnipotenza finanziaria di un sistema che ha già creato una quantità abnorme di denaro che non ha, dietro di sé, alcuna garanzia né valore reale. E a questo punto tale sistema potrebbe creare denaro all'infinito. Ponendo le basi di catastrofi finanziarie al cui confronto quella del 2008 non meriterebbe neppure una nota a piè di pagina. E che catastrofi del genere vi sarebbero, non è un qualcosa di cui dubitare. Non ci salverebbe certo la perizia degli operatori professionali. Come tutti sanno, le agenzie di rating che hanno per anni declassato il debito greco e italiano a “spazzatura”, come se fossimo già falliti, hanno tenuto la tripla “A” alla Lehman Brothers sino al giorno del fallimento. Hanno mantenuto la tripla “A” alla Silicon Valley Bank sino al giorno del fallimento. E qualcuno ha consigliato ai propri clienti di acquistarne le azioni ancora il giorno prima. E parliamo dei colossi di Wall Street.

Che sia totale inettitudine, o volontà malevola di causare il maggior danno possibile per poi lucrare sui movimenti dei mercati manipolati, non saremmo comunque in buone mani.

E già non lo siamo neppure ora.




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L’attesa di un suo articolo è sempre compensata. Esaustivo, concreto, mai banale. Un vero piacere leggerla
 
Da una parte vorrei scrivere su tantissimi argomenti, dall'altra mi sono imposto come obbiettivo di farlo solo se sento di avere qualcosa da dire di interessante. Come rispondo sopra a Franco Marino, a volte trovo che qualcun altro ha già scritto abbastanza esprimendo gli stessi concetti, e lascio perdere. Mi fa molto piacere raggiungere l'obbiettivo quando alla fine produco un articolo.
 
@Friedrich von Tannenberg, e fai male ad autocensurarti se qualcuno ha già scritto sul tema. Il tuo punto di vista, nella tua unicità e col tuo stile, è sempre importantissimo.
 

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