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Caligorante

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Nobel alla Lega, Darwin Award ai suoi elettori. La dirigenza della Lega merita un premio speciale, un Nobel per la strategia politica. Sono riusciti a farsi passare per “sovranisti” e a farsi votare da orde di disperati e delusi (candidiamoli subito al Darwin Award!) con la promessa di uscire dall'euro e dall'UE mentre, sottotraccia, continuavano a studiare un piano per divellere i cavi dell'Unità Nazionale. Ammiro la cocciutaggine e la pazienza con cui hanno rosicchiato per anni, come tanti ratti delle chiaviche, simulando di essere ciò che non erano e non saranno mai: dei patrioti italiani. Ieri la devolution, oggi l'autonomia differenziata, domani la definitiva balcanizzazione della penisola. Il leghismo è il trionfo delle piccole patrie, del campanilismo imbelle e imbecille, delle maschere della commedia dell'arte e del loro retroterra sociale, dei valletti scemi e dei lacchè furbi (ma non intelligenti) che incrociano il batocio. Il giusto orizzonte politico di un'Italia di camerieri, cuochi e suonatori d'organetto. Zaia, l'amico dei trans, è letteralmente stregato dai camerieri stagionali e dalle baby sitter (con proboscide sfuggita al bisturi o con sorchetta posticcia?) occasionali, mentre fuori dal suo mondo incantato di Arlecchini e Colombine le grandi potenze combattono e si contendono terre e risorse, nonché ricercatori e tecnici di altissimo profilo. Se questa è la destra, ridatemi il centrosinistra degli anni sessanta con i comunisti a scaldarsi a bordo campo: quelli, almeno, ci resero una nazione avanzata e ricca. PS. Mi raccomando, accorrete numerosi ad abboccare all'ultimo amo gettato dal leghista Romeo, il quale, con tempismo perfetto (proprio ora che il Pentagono ammette di aver esaurito i fondi), invoca la soluzione diplomatica per il conflitto in Ucraina. Originally posted in:
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THE WHALE - SULL'AMORE VERREMO GIUDICATI

Charlie è un docente universitario che, nella vita, ha perso tutto: un grande amore, l'affetto di sua figlia, la possibilità di una vita normale.
Il suo corpo è enorme e, all'apparenza, sembra riflettere il peso del fallimento delle sue scelte.

Questo film mi ha portato a meditare il tema della sofferenza.
Il corpo di Charlie si fa centro gravitazionale, attorno a cui ruotano le sofferenze delle persone che entrano a contatto con lui e che, attraverso lui, si scoprono delle loro più grandi fragilità. "Scrivete qualcosa di sincero", sembra dire a tutti.

Il suo corpo parla, "scrive" per lui.
Per tutto il tempo del film, una visione romantica ci spinge a pensare che Charlie voglia soffrire perché ha perduto l'amore della sua vita, Alan.
Incessantemente, Charlie invoca l'amore perduto attraverso le parole di un tema su Moby Dick.
Ma non è Alan che invoca, bensì sua figlia Ellie.

A pensarci bene, alla fine del film, le vite di Charlie e Alan anelavano a un amore che andava oltre il loro sentimento reciproco, perché il tormento interiore, intimo e personale, non si poteva risolvere all'interno della coppia.
Di Alan si sa tanto quanto si può intuire dalle parole di sua sorella, ma la morte di Charlie apre le porte alla sua redenzione, perché coincide con un atto di grande compassione: il perdono da parte di sua figlia.

Più che mai, questo film fa risuonare in me una frase: sull'amore verremo giudicati.


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La colpa è stata addossata ad un 71enne di sinistra che ha compiuto l'atto criminale, ma sicuramente dietro ci sono gli americani, dato che il Primo Ministro è molto amico di Putin.

Il provvedimento del Governo in materia di lavoro ai giovani mi trova molto discorde.
Si incentivano le imprese ad assumere solo giovani del Sud, creando di pari passo disoccupazione dei giovani al Nord. Soprattutto è un provvedimento incostituzionale, dato che crea differenze e disparità tra cittadini.
Semmai dovevano incentivare le assunzioni imponendo pari percentuali di occupazione in tutto il territorio nazionale, isole comprese.
Quando la classe politica è ignorante e incapace, e non mi riferisco solo a quella di Governo, ma a tutto l'arco parlamentare accade questo orrore.
Occorrono nuovi politici, preparati e soprattutto che amino l'Italia e siano disposti a sacrificarsi per essa.
“Quello che sta avvenendo a Gaza è come se noi, per catturare Matteo Messina Denaro, avessimo raso al suolo la provincia di Trapani, anzi è peggio, perché mentre lui non si è mai mosso dalla provincia di Trapani, i capi di Hamas di certo non sono a Gaza.
Eppure, per comprendere la complessità del conflitto senza ridurla a sterili tifoserie, studiare la storia è un elemento essenziale: “È ovvio che se ci fermiamo all’istantanea degli ultimi sei mesi, con il massacro e i crimini di guerra di Netanyahu e del suo esercito ai danni della popolazione di Gaza, tutte le ragioni del mondo sembrano essere solo da una parte, ma le cose sono più complesse di come sembrano.
È difficile immaginare quali possano essere le vie d’uscita da questo conflitto fino a quando non emergeranno figure che sappiano ‘andare oltre se stessi’ come avvenuto in Sudafrica quando si mossero i primi passi per smantellare l’apartheid.
È ovvio che ci siano proteste se pensiamo che a Gaza si contano 35 mila morti in sei mesi, su due milioni e mezzo di abitanti, quasi tutti civili e bambini. Per fare un paragone basti pensare che in due anni e due mesi in Ucraina ci sono state 10.000 vittime civili su 40 milioni di abitanti, eppure a Netanyahu nessuno osa dire nulla e nei confronti di Israele non è scattata ancora nessuna delle sanzioni che hanno colpito i russi a poche ore dall’aggressione.
Quindi la rabbia è perfettamente comprensibile, rimarca il direttore del Fatto, “però oltre alla rabbia bisognerebbe studiare la storia, per capire come siamo arrivati fin qui è come se ne può uscire”.
cit. Marco Travaglio

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  • Serenità apollinea (altro che quel ragnetto debosciato di Damiano dei Maneskin), impegno civile, coraggio. Siamo tutti Enrico Mantoan.
  • A breve partirà l'ennesima ondata di post veicolanti la turbo-retorica fallaciana, tipo Guesdah [questa] era la Persia sotto lo Shah. 1970...
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