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Il forum dei patrioti italiani

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Accadeva quattrocentoventitré anni fa.
31 dicembre 1600. Nasce la Compagnia britannica delle Indie Orientali (CIO). Quel giorno il «Governatore e la Compagnia dei Mercanti di Londra per il Commercio con le Indie Orientali», 218 uomini in totale, ricevettero la patente regia. Questa concedeva poteri assai ampi. Oltre all’esenzione da tutti i dazi doganali per i primi sei viaggi, garantiva loro per quindici anni il monopolio nazionale del «commercio con le Indie Orientali», definizione geografica piuttosto vaga che comprendeva i commerci e i traffici tra il Capo di Buona Speranza e lo stretto di Magellano; e accordava inoltre il diritto semi-sovrano di governare territori e assoldare eserciti. La formulazione era sufficientemente ambigua da consentire alle future generazioni di funzionari della CIO di comportarsi come uno Stato nello Stato, di rivendicare la giurisdizione su tutti i sudditi inglesi in Asia, battere moneta, costruire fortificazioni, promulgare leggi, muovere guerra, condurre una politica estera indipendente, istituire tribunali, comminare pene, imprigionare sudditi inglesi e fondare insediamenti. Nel 1661 Carlo II d’Inghilterra sposò l’infanta portoghese Caterina di Braganza. Parte della dote di quest’ultima, oltre al porto di Tangeri, fu l’isola di Bumbye, poi Bombay, l'attuale metropoli che allora era un modesto agglomerato di pescatori. L’arcipelago di Bombay possedeva la migliore baia naturale dell’Asia meridionale e divenne subito la più importante base navale della Compagnia delle Indie in Asia, dotata dell’unico bacino di carenaggio in cui le navi potevano essere raddobbate in sicurezza durante il monsone. Nel 1693, a meno di un secolo dalla sua fondazione, si scoprì che la CIO usava le proprie azioni per comprare i favori dei parlamentari, sborsando 1200 sterline l’anno a ministri e deputati di spicco. Emerse che la corruzione era arrivata fino al sostituto procuratore generale, che riceveva 218 sterline, e al procuratore generale, che ne riceveva 545. La genesi della CIO risale al 24 settembre 1599; mentre William Shakespeare ponderava una bozza dell’Amleto nella sua casa a valle del Globe Theatre, a Southwark, un gruppo eterogeneo di londinesi si riuniva a Founder’s Hall, fra cui l'esploratore artico William Baffin. Il più potente tra questi era Sir Thomas Smythe, un revisore dei conti della City che aveva fatto fortuna importando uva passa dalle isole greche e spezie da Aleppo. In diversi avevano partecipato alla “guerra di corsa” con i corsari Drake e Raleigh contro le navi tesoriere spagnole nei Caraibi, e ora si presentavano ai notai usando l’elegante eufemismo di «privateers» una specie di crimine organizzato elisabettiano sanzionato dallo Stato e controllato dagli oligarchi di Whitehall e Charing Cross. Lo scopo era quello di introdursi nel commercio del pepe, e non solo, delle Indie orientali. Bisognava comprare direttamente dai produttori indonesiani saltando gli intermediari arabi con cui trattava la Compagnia del Levante, e contrastare la concorrenza dell'Olanda, di cui i navigli inglesi erano la bassa manovalanza. Esistevano anche altre compagnie: del Levante, della Moscovia (pellicce russe), della Sierra Leone (schiavi africani). Poche imprese al momento della loro fondazione sarebbero apparse così poco sicure del successo. A quel tempo l’Inghilterra era una nazione paria isolata dall'allora potente Chiesa cattolica romana, relativamente povera e prevalentemente agricola, reduce da lunghe guerre dinastiche e di religione. Nel giro di un paio di secoli la compagnia finì per controllare quasi la metà del commercio mondiale e divenire la più potente società della storia o, nelle celebri parole di Edmund Burke, «uno Stato in guisa di mercante». A differenza di quella del Levante, la CIO era una società per azioni (ce n’erano già) aperta al contributo di svariati contributori, modello dell’Inghilterra dei Tudor, utile a far fronte agli incerti del mestiere e ai grossi investimenti poco remunerativi dei primi anni. Dopo fallimenti e scontri, gli inglesi ripiegarono sui tessuti, lasciando le spezie agli olandesi. L’India Moghul era la locomotiva del mondo e la prima produttrice di manufatti tessili (un quarto della produzione globale): contava allora 150 milioni di abitanti, un quinto della popolazione mondiale. Non è un caso se tanti lemmi collegati alla tessitura presenti nelle lingue europee – chintz, calicò, scialle, pigiama, kaki, dungaree, cummerbund, taffettà – sono di origine indiana. Il peso della sua possanza produttiva raggiunse persino il Messico ispanico, le cui manifatture tessili declinarono a causa della concorrenza indiana. In confronto, l’Inghilterra aveva allora solo un ventesimo della popolazione dell’India e produceva poco meno del 3% dei prodotti manifatturieri del mondo. Una buona parte dei profitti del settore tessile finiva nel Tesoro di Agra, facendo dell’imperatore moghul, con introiti per circa 100 milioni di sterline, il sovrano di gran lunga più ricco, il Bezos o Musk della sua epoca.

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