La Grande Italia

Il forum dei patrioti italiani

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Una delle priorità che la situazione odierna sta dimostrando (e che il conflitto israelo-palestinese riacerba) è il ripensamento della storia e quindi dei nostri valori nella comunità internazionale.
Ad oggi, continuiamo ad affermare come centrali dei diritti (tutti i "diritti") nati in Occidente, nel contesto storico occidentale, dandovi un valore "universale", questo vale per il diritto internazionale, per il diritto privato o pubblico (a cui ogni Stato moderno deve in qualche modo adattarsi per essere inserito nel sistema-mondo), ma anche per la più astratta idea di "diritti umani universali".

Innegabilmente, l'Occidente (inteso come Europa e filiazioni per lo più anglofone varie) ha svolto un ruolo importante nella formazione della comune coscienza collettiva umana (l'importanza del singolo, della sua libertà e unicità, il modello scientifico e quindi lo sviluppo tecnico, una certa teoria critica autoriflessiva sull'Occidente stesso), ma altrettanto questo compito è stato svolto da tutte le civiltà e da tutti i popoli. Questo mancato riconoscimento ci porta alla situazione odierna e trova le sue radici nel colonialismo (che oggi vediamo esplodere in Israele, dove una popolazione europea da 75 anni pratica violentemente da decenni occupazione e apartheid pontificando in base a dei "diritti" giusti solo in base a una versione della storia).
Quello che accade in Israele, non è poi molto diverso da quanto accaduto a Cuba con la rivoluzione, in Vietnam con il napalm e la violenza statunitense, in Zimbabwe con gli agricoltori bianchi che avevano monopolizzato la terra sostenendo di gestirla meglio (fino alla rivoluzione), con il Sudafrica e l'apartheid, con la stratificazione sociale ed etnica in paesi come Brasile, Guatemala, Colombia, Messico, ecc.
Questa è la storia del mondo.
L'Occidente ha contribuito molto al nostro "essere umani", ma in nome dei propri "diritti" e della propria razionalità, ha anche esportato genocidi e violenza, perpetrato ingiustizie, violentato e distrutto interi popoli.

La prima cosa da capire è che in un mondo con 8 miliardi di persone, un'economia competitiva (che ha corso a livello globale per decenni) e circa 200 Stati, non possiamo più pensare che esista una sola "verità". Non si tratta di fare relativismo culturale, facendo un giro su internet: solo il 18% della popolazione vive in paesi OCSE (alcuni dei quali rientrato forse nel termine "Occidente" solo per questioni politiche, economiche o per appartenenza della classe dirigente: Giappone, Corea del Sud, Cile, Costarica, Colombia).

Ieri vedevo una mappa (forse un po' troppo semplificata, ma non del tutto errata) che indicava con punti rossi i luoghi in cui tra il 500 e l'850 d.C. nacquero intellettuali nel continente euroasiatico e in Nord Africa: spiccavano gli odierni Iraq, Iran, Siria, Egitto, andavano bene la Corea, il Giappone e la Cina, se la cavavano Turchia, Arabia, Marocco, bene anche la Spagna, malino India, Italia e Grecia (ma anticipando di qualche secolo avrebbero avuto praticamente un monopolio), marginali Francia, Regno Unito, Germania e Russia (aree che dopo sarebbero diventate centrali).
Non voglio ripetermi, ma l'idea di un capitalismo nato in Occidente è debole: gli inglesi arrivarono in India e trovarono un sofisticato sistema bancario, gli assegni di cambio, la partita doppia; i cinesi inventarono per primi le banconote; Arrighi nota come per secoli in Estremo Oriente ci furono meno conflitti che in Europa, a vantaggio della costruzione di burocrazia, agricoltura e infrastrutture (strade, canali, mura difensive, città, risaie).
L'India del nord-ovest commerciava con il Corno d'Africa e questo scambio Est-Ovest che coinvolgeva anche il Persico e il Mar Rosso andava avanti sin dai tempi dei Sumeri (timbri sumeri ritrovati nella Valle dell'Indo; si inizia a discutere se le stesse città nel Persico sul lato arabico non fossero delle città sumere: altra elemento che cambierebbe la nostra idea di mondo antico, i Sumeri forse non erano solo mesopotamici).
Abbiamo persino scoperto che anche i Neanderthal commerciavano su lunghe distanze, si spostavano (gli studi presso Denisova sembrano indicare una popolazione mista Neanderthal Denisova e i primi presentano tracce genetiche delle popolazioni occidentali, paleo-paleo-europee insomma).

La stessa Africa non era affatto isolato, al contrario aveva carovane che la attraversavano da Est a Ovest lungo il Sahara (un imperatore del Mali nel suo spostamento verso La Mecca spese così tanto oro da condizionarne il valore complessivo anche in Eurasia); gli europei importavano artigianato dal Golfo di Guinea (ebano per lo più), il mondo islamico importava schiavi (parallelamente al traffico europeo nell'Atlantico); gli europei vendevano cavalli e soprattutto sale che nel Golfo di Guinea aveva un valore simile all'oro (il Mali ne fu il principale estrattore mondiale fino alla scoperta dell'America).
Tracce di geni cinesi sono state rinvenute nelle popolazioni della costa africana orientale, probabile residui delle avventure di Zheng He e omologhi. I sultani omaniti governarono nei momenti di massimo splendore dall'Oman fino a Zanzibar, dove anzi trovarono poi rifugio e avviarono un regno parallelo, una volta cacciati dall'Arabia.

La storia del mondo (e quindi anche la storia dell'Occidente) è la storia di uno scambio continuo, sin dai tempi più antichi.
Un cacatua viaggiò, attraverso una serie di scambi e doni, dall'Australia settentrionale fino a Federico II che ne parla in un libro.
Anche la peste viaggiò dalla Cina, lungo le steppe assieme alla seta, le spezie, i cavalli arabi, l'incenso, i numeri arabi e le conquiste mongole. I genovesi (che contribuirono alla costruzione della Crimea) la portarono da Giaffa a Messina e da lì a dilagare fino a diventare nota come la peste nera del 1348.
Persino le aree più remote furono parte di questo scambio-scontro, i Norreni arrivati in Groenlandia sul finire del '900 rifiutarono ogni scambio con i locali (grave errore visto che questi avrebbero potuto aiutarli a non rimanere isolati e morire secoli dopo), ma pare proprio che qualche scontro e rapimento avvenne, spingendo forse verso più Nord i locali, dove furono travolti dai nuovi arrivati Inuit dal Canada (i quali non fecero tempo a incontrare i Norreni, erano morti tutti incapaci di adattarsi).

Le Americhe e l'Oceania sono solo apparentemente estranee a questo circuito.
Le popolazioni oceaniane partirono dalla Cina meridionale per Taiwan e poi si dispersero in tutta l'Oceania (Australia esclusa). Probabilmente la coltivazione del riso, la costruzione di canali e la maggiore complessità sociale raggiunta nella Cina del Nord (attorno al Fiume Giallo), spinse i settentrionali ad espandersi verso Sud e i nativi (di etnia non Han) fuggirono attorno al 9000-7000 a.C. su Taiwan, da dove poi sciamarono in tutta l'Oceania e in Madagascar.
Le Americhe videro ripetersi il miracolo della scoperta/invenzione dell'agricoltura sulle Ande, in Mesoamerica e forse anche più a Nord negli Stati Uniti sud-orientali. Ovunque nel mondo, come nota Diamond l'agricoltura partiva da una base alimentare fatta di cereali (o in alternativa zucche) e legumi: carboidrati e proteine; in mancanza di questi si trovava più conveniente continuare a cacciare, pescare o vivere di pastorizia.

Mi sono dilungato molto e ci sono molte altre cose che avrei voluto dire su questo argomento, perché ritengo centrale per il presente uscire dalla prospettiva eurocentrica, il futuro del mondo è inevitabilmente plurale.
Dobbiamo rivedere la Storia raccontata. Non è mai esistito un eccezionale Occidente che inventava i diritti umani, la democrazia e la tecnica, è esista una dinamiche dialettica tra poli talvolta opposti e sempre complementari.
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