La Grande Italia

Il forum dei patrioti italiani

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Quando è cominciato il grande ristagno di questo paese? Ha senso parlare di crisi o sarebbe più corretto parlare ormai di grande crisi? Perché ci viene paventato uno scenario apocalittico davanti ad ogni scelta politico-economica coraggiosa, quando forse stiamo già vivendo una blanda Apocalisse da circa un trentennio?
Ne ho parlato con Gilberto Trombetta nell'ultima puntata di "La grande imboscata" focalizzandoci sugli ultimi trenta anni di storia italiana e sul modo in cui la nostra classe dirigente ha gestito il processo di integrazione europea.
Correva il 1992, il mondo assisteva al più grande riassestamento di potere dalla fine della II Guerra Mondiale: si scioglieva l'URSS e iniziava una graduale riorganizzazione delle forze politico-economiche anche nel campo occidentale.
Il sistema-mondo è strutturato in cerchi concentrici, con al centro i paesi più ricchi (e potenti). Gli USA spingevano un processo di integrazione europea per favorire la penetrazione commerciale delle proprie aziende e concentrare ulteriormente la ricchezza europea in alcune aree e in alcuni gruppi.
In quello stesso periodo vi fu il tracollo della vecchia classe dirigente italiana (con Tangentopoli), di tutti i partiti di massa che avevano realizzato la Resistenza e tenuto in vita la Repubblica anti-fascista. Poco dopo sarebbe venuto il turno dell'altra grande anomalia della Guerra Fredda: la Jugoslavia; il mondo (presunto) unipolare non tollerava ribelli. Intanto, l'Italia si vincolava ad altri accordi esterni (Maastricht) persuadendo l'opinione pubblica di una presunta inevitabilità di queste filiazioni rosee del progresso. Il centrosinistra rimpiazzava il comunismo con l'euro, ogni sforzo avrebbe dovuto essere concentrato su questo risultato, per farlo lo scolaro avrebbe dovuto applicare alla lettera le lezioni del neoliberismo: privatizzare, smantellare il welfare, contrazione salariale, tagli alla sanità, all'istruzione e tutto quello che abbiamo visto e vissuto negli ultimi decenni.
Nonostante, i "migliori" (sic!) tecnici e nonostante privatizzazioni orchestrate a bordo del panfilo reale inglese (sempre nel 1992), l'Italia non si è mai ripresa. Con un classico schema comunicativo ad essere colpevolizzati erano: i cittadini, gli elettori, i giovani (choosy), i meridionali, i pensionati, i dipendenti pubblici... Mai la classe dirigente (se non per qualche intermezzo politico).
L'Italia però è un gran paese (parte del problema della più generale cattiva distribuzione delle risorse mondiali) siamo pur sempre la settima economia mondiale e la seconda industria d'Europa: i nostri capitalisti saranno pure avidi, ma ogni tanto cercano di esprimere una classe dirigente che si occupi degli interessi nazionali. Da qui i tentativi berlusconiani (Russia e Libia) e contiani (Via della Seta)... Ma che fine hanno fatto Berlusconi e Conte? E che fine hanno fatto quegli accordi politici? E come sta andando l'economia italiana?
Wallerstein suggerisce che il sistema-mondo è organizzato in Stati e che accettare quella formulazione, implica l'accettazione del capitalismo (banalizzo per questioni di spazio); prendendo per buona questa lettura, ribaltare l'egemonia USA e aprire spazi di frattura nelle attuali classi dirigenti globali porrà le condizioni necessarie per la riapertura della questione sociale-economica, per un processo rivoluzionario a favore degli emarginati della storia.
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