La Grande Italia

Il forum dei patrioti italiani

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Del boscimano e del piccolo investitore
Quando si parla di capitalismo non si può far a meno di associarlo ad altri elementi dell'immaginario europeo: Stato, scienza e tecnica (che ne è applicazione).
A questi si potrebbero aggiungere in base alle epoche storiche: cristianesimo, lingue europee, diritto o diritti umani, ma questi sono surrogati dei primi (capitalismo, Stato, scienza, tecnica) e come tali possono essere presenti in alcune epoche e non in altre. Ad esempio, nella prima fase di conquista coloniale si dava gran importanza al cristianesimo (considerato parte del pacchetto), ma non al diritto; oggi il neo-colonialismo si manifesta sotto la retorica dei diritti umani, ma da almeno mezzo secolo l'idea di diffondere il cristianesimo interessa relativamente poco i governanti occidentali (negli Stati Uniti la percezione è in parte diversa).
Possiamo pensare a un rapporto coloniale con persone che parlano altre lingue, che hanno altre leggi, ma non possiamo pensare a un rapporto coloniale senza una qualche organizzazione statale, non possiamo pensare a un rapporto coloniale senza il capitalismo (o un suo avvio), senza la scienza e la tecnica che sono presentate come le due ancelle (teorica e pratica) del progresso, ovviamente in senso occidentale.
L'idea che una persona possa provenire da un contesto così diverso da odiarci o semplicemente dal non desiderare quello che desideriamo noi è scartata preventivamente. Noi abbiamo la scienza, la tecnica (e quindi tanti agi e comodità, oltre che la verità in tasca), abbiamo lo Stato (e quindi eserciti, propaganda, scuole e università, un'opinione pubblica progressista, disposta a votare governi liberali) e abbiamo il capitalismo (il miglior motore di crescita).
Chiaro il sistema retorico?
Il punto è che buona parte del nostro approccio agli altri non-europei si fonda su pregiudizi razziali per lo più errati. Il nostro approccio alla conoscenza dell'altro è finalizzato a confermare le nostre aspettative su di noi e su di loro.
Ad esempio, chiunque approcci un testo di antropologia datato troverà la descrizione dei Boscimani come i più sfortunati dei popoli; triste è che con altre formule ancor oggi si usa spesso questo approccio. Quando si vuole parlare dei meno "tecnologici" si fa sempre riferimento ai Boscimani.
Ai Boscimani non servivano tanti oggetti, perché vivevano in un deserto! Dovevano spostarsi, spostando col proprio corpo tutto quello che possedevano. Gente così cosa se ne fa di un water portatile? Ma soprattutto, i Boscimani si sono adattati a vivere benissimo nel deserto, cosa che sanno fare alla grande e che hanno fatto per millenni, perché non valutiamo che questa sia la soluzione più adatta per la loro vita e per l'ambiente che storicamente hanno abitato?
Certo, gli aborigeni australiani e in particolare i pochi che vissero in Tasmania, mostrano una perdita di molte tecnologie, ma cosa dovevano farsene? Nel giro di poco tempo, quelle tecnologie diventarono di troppo. Una piccola comunità nomade non ha bisogno di cacciare più del dovuto, di accumulare cibo (che non potrebbe conservare) e questo non è nemmeno necessario, perché una piccola comunità nomade può spostarsi di qualche decina di chilometri e trovare nuovo cibo.
Certo, si tratta di una scommessa, ma non era una scommessa anche quella di Colombo? Non è una scommessa investire tutti i risparmi di una vita in una casa al mare o in titoli azionari?
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