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Il forum dei patrioti italiani

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In questi giorni sto riflettendo molto su alcuni elementi che accomunano le varie teorie e visioni del mondo minoritarie in Occidente. Tramite il podcast, ho avuto modo di confrontarmi con alcune delle migliori menti di questo paese.
Con Maurizio Tirassa in una puntata che andrà in onda nella seconda metà di giugno, ci siamo interrogati sulle criticità del neoliberismo, se siano tali o se siano caratteristiche della società industriale in quanto tale.
Abbiamo toccato tanti argomenti e Maurizio ha suggerito che forse la sensazione di precarietà data al contempo dall'estrema competitività di questo sistema sociale + il declino dell'Occidente, generino una sensazione di incertezza. Ciascuno di noi nel proprio privato si chiede "come me la caverò?" e si aggrava quella sensazione di precarietà e disagio.
Abbiamo pensato che alcune caratteristiche del "nuovo mondo" siano le dimensioni demografiche (lo Stato, è un gruppo anonimo, enorme, di dimensioni industriali) e la non conoscenza di quei saperi pratici che permettono di prodursi da soli il cibo (quanti di noi saprebbero vivere del proprio lavoro agricolo?).
Gianfranco la Grassa insiste rimanendo nel solco della sua gioventù in una non centralità dell'uomo come soggetto. Lo scontro sociale (anche la lotta di classe) non è da intendersi come scontro storicistico o moraleggiante, è un fenomeno in atto, una dinamica relazionale, che può evolvere in vari modi. Da qui la sua teoria del conflitto strategico tra dominanti in lotta tra loro come scontro più importante in questa fase di transizione (che non fa scomparire la lotta tra dominati e dominanti).
Questo a-storicismo bonifica il comunismo delle sue aspettative para-religiose: raggiunta la metà finale (che probabilmente non esiste), non vivremo in una società senza conflitti, perché l'uomo non è solo produzione-lavoro-consumo e quindi anche in un mondo dell'abbondanza garantita a tutti, esisterebbero dei rapporti di forza economici-familiari-sociali-di potere tali da portarlo a scontrarsi per altri motivi.
A me farebbe molto piacere capire in che modo il capitalismo ha condizionato l'evoluzione della famiglia. Tutti sappiamo come il capitalismo industriale abbia favorito la famiglia borghese, quella nucleare. Mi sembra però ogni volta che tutti noi dimentichiamo l'elefante nella stanza: premesso che l'amore è concetto euro-asiatico tipico delle società complesse in fascia temperata che sviluppano le idee di amore; moglie-amante; attraverso un'elaborazione letteraria (Dolce Stilnovo e affini): in che modo il fenomeno poligamico è stato distrutto con l'avvento del capitalismo industriale? Questo ha causato disagio in uno dei due generi? E in che modo l'avvento del capitalismo digitale ha favorito il libertinismo sessuale come forma di ulteriore disciplinamento edonistico?
La sensazione è che visioni come queste saranno fondamentali per capire la società e per elaborare delle soluzioni. Nella situazione odierna elaborare una visione d'insieme dei meccanismi sociali, politici interni e internazionali, economici, storici deve essere la nostra priorità.
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