Alcuni giorni fa, ospite della trasmissione Fuori dal coro (un inno al sensazionalismo descamisado e inconcludente), Rita Dalla Chiesa ha affermato che il problema è chi ostenta il lusso mentre i poveri precari non riescono a sbarcare il lunario. Avete capito bene, in Italia le cose non vanno per il verso giusto perché qualche migliaio di frivoloni scialacquano lo stipendio per acquistare telefonini, gioielli, capi firmati e altri status symbol.
Don Vincenzo Coccotti, il vilain interpretato da Christopher Walken in Una vita al massimo (film così così sceneggiato da un Quentin Tarantino prima maniera), dopo qualche smorfiettina di forzata meraviglia e un breve sorriso sarcastico, commenterebbe: Sul serio? Questa mi giunge nuova. Non sapevo che per risolvere i problemi economici dei cittadini bastasse mettere al bando lo sfarzo, riporre il rolex nell’apposito astuccio e la fuoriserie nell’autorimessa. Una esternazione tipica di chi bada più all’apparenza che alla sostanza, figlia della peggiore cultura cattocomunista; una sortita che fa il paio con la scelta di annullare la gita scolastica per non urtare la sensibilità di chi non può permettersi di versare la retta.
A mio modesto avviso, chi ha di più dovrebbe dare di più e aiutare i meno abbienti a sollevarsi dalla condizione di inferiorità, anziché abbassare il piedistallo dei più fortunati. La Costituzione non raccomanda espressamente di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l’uguaglianza dei cittadini? E poi, quando ero scolaro e l’Italia era decisamente più opulenta d’oggidì, parlo di 15-20-25 anni fa, i meno abbienti non di rado rinunciavano alla gita senza suscitare clamori e sterili pietismi egualitari. Ma lasciamo stare e torniamo a noi. La signora Dalla Chiesa, professione parente di una vittima eccellente della mafia, in qualità di deputato della Repubblica percepisce un lauto stipendio da noi contribuenti per regalarci perle di qualunquismo e pensierini edificanti. Dai politici esigo il massimo senso pratico, non ammetto che guardino il dito mentre questo indica la luna. E’ fin troppo facile abbracciare l’indignazione o abbandonarsi all’ennesima sparata demagogica, il difficile viene quando devi compiere scelte decisive. Purtroppo sulle decisioni che contano davvero i nostri politici non hanno voce in capitolo e tirano a campare, topica dopo topica, raccontandoci che possiamo prosperare aprendo le frontiere al turismo – e ai vandali – di massa e mendicando denari dall’Unione Europea. I nostri discendenti potranno sempre fare le presentatrici Avon, darsi all’onicorestauro e consimili lavoretti estemporanei da terziario scoperto in tarda età, laddove le grandi potenze ammucchiano derrate e scorte d’ogni genere, riattivano gli impianti manifatturieri e riaprono le officine. Macché! Abbiamo il sole, il mare... La mattina ci si alza presto e ci si ingegna: siamo o no il paese che ha inventato l’arte di arrangiarsi?
Se vogliamo dirla papale papale i nostri delegati non hanno la più pallida idea del futuro da dare alla nostra Italia. Negli ultimi trent’anni sono passati parecchi treni e noi, da gran sbadati e cuorcontento, li abbiamo persi uno dopo l’altro: sull’onda del trauma di Chernobyl, nel 1987 abbiamo allegramente voltato le spalle al nucleare, mentre nel 2014 abbiamo scelto di chiudere la porta al South Stream. Per non farci mancare niente, siamo saliti sopra treni diretti verso un binario morto: la moneta unica con annesso europeismo castrante, la difesa ad oltranza dell’ordine unipolare. Addio sogni di autosufficienza-indipendenza energetica! Imperdonabili leggerezze che si commettono quando si confida eccessivamente nell’aiuto di amici o presunti tali. Massì, recidiamo il filo che ci lega al mercato russo (quei barbari non tengono manco il cesso in casa) e iraniano, mandiamo a ramengo la Libia, cosa vuoi che sia? Lo zio Sam non vorrà negarci un passaggio, mamma Europa ci darà uno strappo almeno fino a metà strada... poi si vedrà. Ora i nodi giungono al pettine e dovremo pagare sviste e cantonate prese grazie a decenni di miopia strategica indotta dalla mala-politica. Sta per arrivare una tempesta mai vista e mi auguro che il popolo capisca l’antifona e individui i veri responsabili. Sono stufo di ascoltare le consuete solfe: non avevamo alternative, siamo stati sconfitti e occupati e bla bla bla… Ungheria e Turchia, pur essendo nella Nato, si regalano un discreto attivismo. Se tutto è perduto, allora non ci resta che tifare per le potenze emergenti. Basterà?
Dubito molto. Nelle epoche segnate da grossi rivolgimenti bisogna muoversi perché chi non si muove annega, e i corpi morti finiscono a sfamare i pescecani o a fare compagnia ai pesciolini. Ancora oggi pochi outsider ragionano secondo schemi improntati al più egoistico dei patriottismi e a Roma, prima di deliberare, nessuno si pone l’unica domanda lecita: cosa conviene all’Italia? E non lo fanno per il semplice motivo che agli interessi dell’Italia antepongono la propria ideologia sconclusionata di riferimento, il proprio feticcio o amuleto personale che li ha aiutati a scalare i vertici e ad arrivare dove sono arrivati: l’Occidente, l’Unione Europea, la Nato, i diritti delle donne col burqa e via vaneggiando. Siamo plagiati da persone ancorate agli anni 50 con rari guizzi negli 80 del secolo scorso, decrepiti nel corpo e raggrinziti nell’anima, il loro immaginario collettivo consunto gli impedisce di programmare alcunché. Leggete i giornali, porca miseria! Tra una marchetta, un soffiettone e un serpente di mare del MI6 ci consigliano di comprare bot in dollari. E non si salva neppure Berlusconi, il quale da troppi anni straparla di piani Marshall facendo cadere le braccia e le palle. Il piano Marshall, che ragionando col senno del poi è stata la solenne fregatura con cui hanno ipotecato il futuro del Vecchio Continente, poteva avere un senso settant’anni fa, adesso è inattuale e inattuabile. E’ questa mentalità anacronistica che ci ha fregati, non il lusso spendaccione di quattro scapoloni epicurei additati alla pubblica riprovazione dall’onorevole Dalla Chiesa. Intanto il tempo scorre inesorabile, e ogni giorno che passa si fa più concreto lo spettro della totale pauperizzazione dei ceti medi.



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