Il quinto capitolo comincia con una storia, il cui autore è Paolo Coelho, intitolata Il re folle:

Un potente stregone, con l'intento di distruggere un regno, versò una pozione magica nel pozzo dove vivevano tutti i sudditi. Chiunque avesse toccato quell'acqua, sarebbe diventato matto.

Il mattino seguente l'intera popolazione andò al pozzo per bere. Tutti impazzito o, tranne il re, che possedeva un pozzo privato per sé e per la famiglia, al quale lo stregone non era riuscito ad arrivare. Preoccupato, il sovrano tentò di esercitare la propria autorità sulla popolazione, promulgando una serie di leggi per la sicurezza e la salute pubblica. I poliziotti e gli ispettori, che avevano bevuto l'acqua avvelenata, trovarono assurde le decisioni reali e decisero di non rispettarle.
Quando gli abitanti del regno appresero il testo del decreto, si convinsero che il sovrano fosse impazzito e che pertanto ordinasse cose prive di senso. Urlando si recarono al castello chiedendo l'abdicazione. Disperato, il re si dichiarò pronto a lasciare il trono, ma la regina glielo impedì, suggerendogli: "Andiamo alla fonte e beviamo quell'acqua. In tal modo saremo uguali a loro". E così fecero: il re e la regina bevvero l'acqua della follia e presero immediatamente a dire cose prive di senso. Nel frattempo, i sudditi si pentirono: adesso che il re dimostrava tanta saggezza, perché non consentirgli di continuare a governare?



Per molto tempo, la psicoterapia è stata considerata la cura dei "matti" e vi sono persone che, ancora oggi, lo pensano.
I ritmi imposti dalla società in cui viviamo, in cui ognuno di noi è sottoposto a situazioni di stress ed è chiamato a soddisfare delle aspettative dal punto di vista lavorativo, relazionale, mondano, fanno sì che molte persone si rivolgano allo psicologo per non finire schiacciate dall'enorme pressione sociale che un simile tentativo d'adattamento richiede.

Quando si ritiene di vivere nel migliore dei mondi possibili, lo sforzo attuato a più livelli è quello di conformarsi a questo tipo di mondo. È ciò che avviene anche nella storiella del re folle: le uniche persone sane rimaste decidono di diventare folli per tutelare il disordine sociale, che nel frattempo è diventato l'ordine della maggioranza.
Come scrive Marco:

Se uno psicoterapeuta fosse stato presente, avrebbe dichiarato il re e la regina perfettamente rinsaviti, in quanto perfettamente adattati al comportamento collettivo.


Marco Cosmo non intende demonizzare la psicoterapia tout court, anzi lui stesso scrive di aver consigliato un percorso psicoterapeutico ad alcuni degli allievi che ne avevano bisogno, a una condizione: che lo psicoterapeuta fosse un praticante di meditazione.

E il motivo è facile da capire, dopo le precisazioni che sono state fatte: un praticante di meditazione sa perfettamente come funziona la mente e, in più, conosce e dà valore all'anima.
Le facoltà di Psicologia hanno eliminato la concezione metafisica e, di conseguenza, non dico la cura, ma neanche la presenza dell'anima viene presa in considerazione, nonostante l'etimologia della parola "psicologia" abbia, in sé, i concetti di psyché (anima) e logos (discorso, studio), quindi "studio dell'anima".

Marco scrive:

Se uno psicologo si fosse trovato nella caverna di Platone, avrebbe fatto di tutto per riportare nel mondo delle ombre chi ne era uscito, in quanto completamente disadattato nei confronti della collettività.


Del resto, lo abbiamo visto durante il covid e lo vediamo, per esempio, nei casi di transizione sessuale nei bambini molto piccoli.
Orde di psicologi si sono affrettati a psicanalizzare i no-vax, additati come antisociali e potenzialmente pericolosi.
Gli psichiatri sono proni all'ideologia LGBT, quando non apertamente favorevoli, e non si fanno scrupolo a diagnosticare una disforia di genere in bambini di tre, quattro anni.

Scrive ancora Marco:

Secondo la psicologia, la realtà coincide con l'adattamento allo stato di veglia, mentre nella visione mistica il cosiddetto "stato di veglia" non corrisponde affatto alla realtà definitiva.

La "scienza della mente" occidentale, dunque, deve imparare moltissimo dalle tradizioni Orientali, cosa che prova a fare da alcuni anni con le scuole di psicologia transpersonale e la mindfulness, le quali per il momento non raggiungono neanche in minima parte la sapienza e la conoscenza millenaria degli orientali relativamente all'anima, alla metafisica e ai differenti stati di coscienza.


Questo è verissimo, ma gli stessi occidentali, pure tra quelli vicini alla Tradizione, faticano a riconoscerlo. Quando si parla di India, di Giappone, di Cina, l'occidentale lo fa sempre con un senso malcelato di superiorità, nell'intima convinzione che nessuna sublime dottrina induista, buddhista o zen possa surclassare i fasti della civiltà classica o le altezze del Cristianesimo.
Dalla prospettiva della Tradizione, questa visione non ha senso, in quanto essa è nucleo essenziale di tutte le tradizioni.

Per ciò che concerne la psicoterapia, essa è assai più giovane della sapienza orientale e muove i primi passi in un territorio già ampiamente esplorato e conosciuto dalla mistica. Se volete conoscere la mente, non leggete Freud, ma le 101 storielle zen. Se volete sapere come procedere nel percorso spirituale, leggete la Bhagavad Gīta. Un qualunque testo di mistica orientale sarà molto più utile di qualsiasi trattato sul narcisismo manipolatorio.

Poi certo, un aiuto psicologico da parte di uno psicologo praticante può aiutare in tutte quelle situazioni di blocco interiore che minano lo svolgersi di un'esistenza sana, ma se volete andare oltre il semplice adattamento a una società malata, dovete andare oltre la terapia.

Riporto ciò che scrive egregiamente Marco Cosmo:

Non è la stessa cosa fare psicoterapia o praticare la via della Stella del Nord. Come ho detto ci sono delle analogie ed elementi comuni ma, nell'ambito della pratica del Dharma, un approccio soltanto psicologico risulterebbe marginale. Questo può essere utile per affrontare le nevrosi, le fobie e quei blocchi che impediscono alla persona di essere più padrona di sé stessa e adattata all'ambiente attraverso una buona strutturazione dell'io.

Il percorso della meditazione comprende una progressiva disidentificazione dell'io attraverso l'osservazione non giudicante. Per "io" la moderna psicologia intende una struttura cognitiva organizzata, attraverso la quale entriamo in relazione con la realtà esterna e con il nostro mondo interiore. È paradossale, ma.per cominciare a imparare a meditare, si deve possedere un io ben strutturato, autosufficiente, integro, in grado di autodeterminarsi, quindi autonomo perché non ha bisogno degli altri per affermare se stesso.
[...]
La pratica del Dharma, oltre a un io ben strutturato, richiede un'intensa disciplina e una forte determinazione che porta a un'espansione della propria coscienza per penetrare in una consapevolezza più vasta.
Persone che hanno problemi psicologici seri o vere e proprie malattie mentali, non possono affrontare un cammino così impegnativo.


Come ho accennato prima, la psicologia non si occupa dell'anima, mentre questa è centrale in un percorso spirituale. E la cura dell'anima richiede particolare attenzione da parte di un maestro e massima dedizione da parte dell'allievo, che verrà motivato a proseguire nel percorso fino a rendersi autonomo.
Non ci sarà uno psicologo che, a botte di ottanta euro, indagherà sul vostro complesso genitoriale per tentare di farvi piacere la società occidentale, ma una persona che ha veramente a cuore la vostra anima e, senza chiedervi niente, se non sudore, sacrificio e disciplina, vi aiuterà a uscire dalla caverna di Platone.

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Mina Vagante
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