Quando Gesù risorge e si manifesta, nel suo corpo glorioso, agli apostoli, uno di essi fatica a credere che sia realmente il suo Maestro morto in croce: è San Tommaso. Tommaso dice a Cristo che vuole vedere le prove del fatto che sia veramente lui e Gesù gli va incontro, gli fa toccare le ferite sul costato e le stigmate. Davanti a quelle prove inconfutabili, l'apostolo crede e Cristo gli dice: "Tu hai visto e, per questo, hai creduto. Beati coloro che non hanno visto e hanno creduto".
L'inizio del percorso spirituale non avviene arbitrariamente. In molti testimoniano che, quando hanno cominciato ad avvicinarsi alla spiritualità e poi a praticare seriamente, lo hanno fatto per una sorta di chiamata.
La chiamata si manifesta in modi differenti. C'è chi è immerso totalmente nella propria carriera, magari all'apice del successo, poi avviene qualcosa che gli fa capire che deve cambiare rotta: un sogno, un incontro, un evento inaspettato.
C'è, al contrario, chi si trova in un abisso di disperazione o nel pieno di una depressione e lì, quando è convinto che la sua vita non abbia senso, il Maestro gli tende la mano.
La chiamata è unica e non prevede necessariamente dei "fuochi d'artificio" spirituali. Dio può sussurrare dolcemente quanto squarciare il cielo della nostra quotidianità con un urlo sconvolgente.
Ma noi dobbiamo avere un'apertura di cuore che ci permetta di sentirlo e, quasi sempre, è la Grazia a far sì che il cuore sia aperto alla voce di Dio.
Quindi iniziamo a praticare e, poiché prestiamo più attenzione ai segni, pare che ne veniamo letteralmente sommersi. Tutte queste manifestazioni ci incoraggiano nella pratica, ma è importante, dopo averle vissute, lasciarle andare per proseguire nel cammino. È qui che è fondamentale la presenza del Maestro, perché sarà un bravo Maestro a insegnare il distacco dai doni dello spirito. Essi ci motivano a continuare, ma non sono il fine della pratica spirituale.
Avanzando, queste manifestazioni iniziano a scemare e se ne può provare nostalgia. Ma, in realtà, è bene che avvenga questo. Una volta che Dio ci ha chiamato a sé, che senso ha volere sempre prove della sua presenza? Dio si è manifestato, ci ha attratto e ci ha chiesto di fidarci, ma con una maturità crescente.
"Beati coloro che non hanno visto e hanno creduto", ci dice Gesù.
Noi, come Tommaso, abbiamo toccato il costato di Cristo, che ci ha permesso di iniziare il cammino. Ma sarà la costanza nel percorrerlo a farci giungere alla fiducia totale di chi non vede più le ferite, ma sa che l'amore che le ha permesse non è venuto né verrà mai meno.
Il sensibile è trasceso, bisogna far spazio al sovrasensibile, all'invisibile, a ciò che non si può toccare, ma è presente, perché coincide con la nostra stessa natura, che è cristica. Che senso ha rivedere Cristo, se siamo noi stessi Cristo ed Egli è nel nostro cuore, che è il Suo?
Di quali segni abbiamo bisogno, se siamo immersi in quel Centro da cui gli stessi segni scaturiscono?
Beati davvero coloro che non vedranno più, perché ormai l'occhio è ciò che già hanno visto.
L'inizio del percorso spirituale non avviene arbitrariamente. In molti testimoniano che, quando hanno cominciato ad avvicinarsi alla spiritualità e poi a praticare seriamente, lo hanno fatto per una sorta di chiamata.
La chiamata si manifesta in modi differenti. C'è chi è immerso totalmente nella propria carriera, magari all'apice del successo, poi avviene qualcosa che gli fa capire che deve cambiare rotta: un sogno, un incontro, un evento inaspettato.
C'è, al contrario, chi si trova in un abisso di disperazione o nel pieno di una depressione e lì, quando è convinto che la sua vita non abbia senso, il Maestro gli tende la mano.
La chiamata è unica e non prevede necessariamente dei "fuochi d'artificio" spirituali. Dio può sussurrare dolcemente quanto squarciare il cielo della nostra quotidianità con un urlo sconvolgente.
Ma noi dobbiamo avere un'apertura di cuore che ci permetta di sentirlo e, quasi sempre, è la Grazia a far sì che il cuore sia aperto alla voce di Dio.
Quindi iniziamo a praticare e, poiché prestiamo più attenzione ai segni, pare che ne veniamo letteralmente sommersi. Tutte queste manifestazioni ci incoraggiano nella pratica, ma è importante, dopo averle vissute, lasciarle andare per proseguire nel cammino. È qui che è fondamentale la presenza del Maestro, perché sarà un bravo Maestro a insegnare il distacco dai doni dello spirito. Essi ci motivano a continuare, ma non sono il fine della pratica spirituale.
Avanzando, queste manifestazioni iniziano a scemare e se ne può provare nostalgia. Ma, in realtà, è bene che avvenga questo. Una volta che Dio ci ha chiamato a sé, che senso ha volere sempre prove della sua presenza? Dio si è manifestato, ci ha attratto e ci ha chiesto di fidarci, ma con una maturità crescente.
"Beati coloro che non hanno visto e hanno creduto", ci dice Gesù.
Noi, come Tommaso, abbiamo toccato il costato di Cristo, che ci ha permesso di iniziare il cammino. Ma sarà la costanza nel percorrerlo a farci giungere alla fiducia totale di chi non vede più le ferite, ma sa che l'amore che le ha permesse non è venuto né verrà mai meno.
Il sensibile è trasceso, bisogna far spazio al sovrasensibile, all'invisibile, a ciò che non si può toccare, ma è presente, perché coincide con la nostra stessa natura, che è cristica. Che senso ha rivedere Cristo, se siamo noi stessi Cristo ed Egli è nel nostro cuore, che è il Suo?
Di quali segni abbiamo bisogno, se siamo immersi in quel Centro da cui gli stessi segni scaturiscono?
Beati davvero coloro che non vedranno più, perché ormai l'occhio è ciò che già hanno visto.