Il primo capitolo è denso di insegnamenti importanti, che cercherò di dividere in piccoli paragrafi, così da rendere più agevole la lettura. Esorto comunque chi voglia leggere l'articolo a farlo in un momento di calma, in cui possa prestarvi la giusta attenzione.

Tutto ciò che è qui contenuto rappresenta inizio e fine di un cerchio, in quanto Marco Cosmo traccia le prime indicazioni per cominciare il percorso spirituale, ma inizia a seminare realizzazioni spirituali, che il praticante vedrà maturare nel corso del cammino, tra i marosi delle crisi e le acque placide e primaverili che riflettono la condizione di pace degli abissi.


La crisi, la meditazione, il Maestro


È dalle crisi che parte il capitolo, richiamando l'attenzione sul modo in cui reagiamo ad esse. L'insegnamento è introdotto da una storia intitolata Fortuna? Sfortuna? Chi lo sa? a cui vi rimando a questo link Sfortuna fortuna chi lo sa per non dilungare troppo questo articolo.

Quando ci succede qualcosa di bello o di brutto, il nostro atteggiamento verso la vita cambia. Nel caso in cui l'evento sia bello, diveniamo subito ottimisti ed entusiasti di tanta fortuna. In caso contrario, ci rattristiamo, vediamo tutto nero, potremmo arrivare a deprimerci e addirittura pensare al suicidio.
Ma quante volte ci è capitato che un evento bello si sia poi rivelato foriero di spiacevoli conseguenze? E quante un evento traumatico ha poi rappresentato un'occasione di svolta in positivo nella nostra vita?

Non è sbagliato o sciocco rallegrarsi per la nascita di un bambino, un matrimonio, un avanzamento di carriera, una giornata trascorsa felicemente, ma far dipendere la pace del cuore da questi momenti transitori è causa di insoddisfazione perenne.
Così come provare eccessivo turbamento per gli eventi avversi e crogiolarsi nella sofferenza conduce a un'esistenza sospettosa, angosciante, ipercontrollata e arida.

Cosa fare quindi? Qualsiasi percorso seriamente spirituale non dirà mai di riporre la propria fiducia all'esterno, ma all'interno di sé. E come fare? Praticando introspezione tutti i giorni, seguendo una disciplina giornaliera.
Marco Cosmo insegnava meditazione profonda, che è sostanzialmente una meditazione nell'immobilità. Ma specifica che non è possibile praticare da soli, perché è necessario un Maestro.

La New Age, tramite il lavoro sovversivo di personalità come Krishnamurti, ha diffuso l'idea che chiunque possa praticare in solitudine e autoregolarsi.
Sarebbe come dire che chiunque voglia imparare a suonare uno strumento musicale, possa autoregolarsi e suonare a orecchio, senza seguire le indicazioni di un maestro di musica.
Generalmente, le persone scambiano i pensieri, le emozioni e i sentimenti come la propria interiorità. Ma questi elementi psichici sono solo una parte di un mondo assai più vasto e sconosciuto, quello dell'inconscio. Se ci si inoltra senza la giusta guida, si è facilmente sviati o divorati dalle proprie belve.

Pensate alla figura di Dante nella selva. Se non fosse sopraggiunto Virgilio, il viaggio del Poeta sarebbe finito tra le fauci della lonza, del leone e della lupa.
Bisogna affidarsi a chi ha già percorso il sentiero, a chi già si è affidato al suo maestro fino a divenire maestro egli stesso. I meandri di noi stessi sono talmente vasti e profondi che sarebbe imprudente volervisi addentrare da soli, senza gli strumenti necessari e un dito che indichi la strada da percorrere.

Ma non pensate che il Maestro sia un idolo da venerare. Il maestro esterno, in questo caso Marco Cosmo, a livello spirituale non è altro che manifestazione visibile del Maestro interno.
Quando l'allievo è pronto, incontra il suo Maestro e lo riconosce perché avviene una risonanza tra il bisogno di ricerca dell'allievo e l'apertura compassionevole del Maestro.
L'incontro col Maestro esterno risveglia quello interno e, se l'allievo si affida totalmente alle indicazioni del maestro esterno, quello interno potrà guidarlo al meglio nel percorso verso il disvelamento della sua vera natura.


L'odio di sé: come si alimenta l'Ombra


L'incontro col proprio maestro è sempre uno shock per l'ego. Benché le meraviglie del mondo dello spirito si schiudano presto all'allievo ricettivo, vi possono essere dei momenti di attrito con il maestro, che sono in realtà momenti di attrito dell'ego, che non vuole perdere il potere sulla persona. Questo attrito genera sospetto e diffidenza verso una persona che altro non fa che aiutarci a raggiungere il Centro.

Vi riporto le parole di Marco Cosmo:

Il cammino della Meditazione è il cammino per realizzare il Centro e il Centro è amore, compassione. Per realizzare la nostra autentica natura, dunque, dobbiamo partire dall'amore nei confronti di noi stessi, per poi dilatarlo includendo gli altri, fino al punto in cui si verifica una "rottura di livello" e non vi è più alcuna distinzione tra noi e gli altri perché tutto è Uno.


E cosa ci impedisce di integrare questa distanza che percepiamo tra la nostra individualità e gli altri? Marco ci dice che è l'odio per noi stessi,
quell'odio che frammenta la nostra interiorità e ostacola l'unione con la nostra essenza impedendoci di essere donne e uomini autenticamente religiosi.

Dovete capire che il percorso spirituale mette in crisi la nostra forma mentis, le nostre convinzioni, le nostre idee, tutto ciò che chiamiamo "noi stessi", ma che non è altro che l'ammasso di tutte le cose che abbiamo assorbito durante la crescita: l'educazione della famiglia di provenienza, della scuola, della società in cui viviamo, un tempo del parroco, dei valori o pseudo-tali veicolati dai mezzi di informazione e intrattenimento da cui siamo bombardati.

L'ego, colui che vuole condurre ciò che siamo, cerca di non perdere il primato attraverso il rigetto di ciò che emerge di noi e non ci piace. E dove lo relega? In una funzione psichica che, in linguaggio junghiano, viene chiamata Ombra.
Vi riporto ancora le parole di Marco, che chiarificano di cosa si tratta:

L'Ombra è il primo ostacolo che si incontra lungo il cammino della vita interiore. Essa è il lato oscuro della personalità, ricettacolo sì tutto ciò che non accettiamo di noi stessi e rimuoviamo. Tale mancanza di accettazione ha alla sua radice l'odio nei confronti di noi stessi. Per questo rigettiamo nell'Ombra ciò che di noi non ci piace, perché lo odiamo. Eppure le indicazioni di Gesù sono molto chiare: "Ama il tuo prossimo come te stesso. Non vi è alcun altro comandamento maggiore di questi." Solo se ami te stesso riuscirai ad amare il tuo prossimo. Invece, le rimozioni delle nostre parti oscure derivano dall'odio nei confronti di esse, dunque di noi stessi.


C'è spesso un gran fraintendimento in chi si accosta alla spiritualità, ossia che il praticante perfetto non si arrabbi, non provi dolore, sia sempre perfettamente calmo e distaccato dalla dimensione terrena. Una sorta di asceta perfetto, che quasi potrebbe fare a meno di soddisfare i più elementari bisogni corporali.
Ma questa è la proiezione di un ideale inconsistente e che non ha rapporto alcuno con la realtà. Oltretutto rivela quell'odio per noi stessi di cui parla Marco.
Quando ci arrabbiamo, anche giustamente, poco dopo possiamo venire presi dal senso di colpa, così come quando siamo stanchi e non abbiamo voglia di fare qualcosa di programmato. Non amiamo noi stessi quando siamo fallibili, fragili, quando non siamo performanti o tutto d'un pezzo. Ci vergogniamo di noi quando piangiamo, quando ci scopriamo intolleranti verso qualcuno o stizziti per qualcosa.

Perciò cominciamo a dirci: no, io devo essere così per essere un buon meditante, una buona madre, un buon padre, un buon figlio, un compagno o una compagna amorevole, un buon lavoratore.
Cominciamo a negare e rifiutare quelle parti di noi che non ci piacciono e, intanto, nella nostra zona più oscura e profonda, comincia a prendere forma e rafforzarsi l'Ombra.

Cito nuovamente Marco Cosmo:

L'errore più comune è proprio quello di separarli [bene e male] invece di integrarli. La dura verità è che il nostro Ego, se fosse possibile, ucciderebbe ogni parte di noi stessi che non corrisponde alle nostre aspettative. Malgrado ciò sia impossibile per la nostra stessa natura, l'ego, per attuare il suo diabolico piano, provoca in noi una scissione facendoci sentire come una parte separata dal tutto e gettandoci in tal modo in un'illusoria percezione duale che ci pone in continua posizione di attrito con la realtà. Come il dottor Jekyll sfidava la natura cercando di realizzare una separazione - nei fatti impossibile - allo stesso modo l'ego vorrebbe eliminare da se stesso tutti quegli aspetti a lui sgraditi attraverso un costante attrito con la realtà fatto di controllo, manipolazione, rifiuto, atteggiamenti di difesa, repressioni, proiezioni della mente; tutto pur di liberarsi da quelle parti che rifiuta e che vorrebbe annientare.


Dopo che abbiamo preso coscienza del nostro atteggiamento di rifiuto e realizzato cosa sia l'Ombra, dobbiamo comprendere come agire diversamente.
Anche quando intraprendiamo un percorso da diverso tempo, l'ego può avere delle fasi in cui è più forte e porre sottilmente delle motivazioni per farci sentire legittimati a perseverare in un atteggiamento fondamentalmente distruttivo. Oppure possiamo cadere nell'errore di odiare l'odio stesso, per ripetere esattamente il meccanismo di rifiuto a cui siamo stati abituati fin da piccoli.

La soluzione sta nell'osservazione che si affina nella pratica della Meditazione. Nello specifico, si tratta di un'osservazione senza giudizio.
Per aiutarvi a capire di che si tratta, vi farò un esempio molto pratico: immaginate di trovarvi davanti a un tramonto. Lo guardate nella sua interezza, prestate attenzione alle sfumature della sua manifestazione, ma senza giudicarlo, senza pensare "che bello! Che meraviglia stare qui a osservarlo!".
Immaginate di fare lo stesso di fronte a questa Ombra, che si manifesta nella rabbia, nell'odio. Guardatela per ciò che è, nel suo aspetto di ricettacolo di tutto ciò che riteniamo negativo e che le abbiamo appioppato come un destino di oscurità e che non ha niente a che fare con noi, con l'immagine che teniamo a offrire al prossimo. Guardiamola e basta, osserviamola, senza pensare "che schifo, devo nascondere questo aspetto di me!".
Marco scrive:

So che le prime volte non è facile, ma lo diventerà se sarete pazienti e vi eserciterete a mettere in pratica questa soluzione. Bisogna imparare ad accettare l'odio, attivando la consapevolezza in modo da sentire i suoi effetti sul vostro corpo (tensioni muscolari, nervosismo etc.), nella vostra mente (pensiero compulsivo) e nella vostra interiorità (sensazioni sgradevoli e stati d'animo negativi). Dovete infine "sentirlo" senza giudicarlo. Vedrete che un po' alla volta la potente energia legata a questo sentimento, se non alimentata, perderà la sua carica distruttiva e si dissolverà. Tutto ciò si impara attraverso la corretta osservazione praticata durante la meditazione nell'immobilità.



Apertura e chiusura: quando l'energia fluisce col cambiamento


Cito dal libro:

Ci sono due correnti energetiche che corrispondono a due atteggiamenti fondamentali: quello di apertura e quello di chiusura. Possiamo dire che la nostra coscienza, ma anche il nostro modo di agire, è governato da questi due atteggiamenti. L'atteggiamento di apertura è una conseguenza di quando l'energia fluisce liberamente irradiandosi dal Centro e orientando i nostri pensieri e azioni verso la Stella del Nord. Quando ciò accade, siamo in armonia con noi stessi, con la nostra vera natura. L'atteggiamento di chiusura è l'opposto: è quello che porta ad aggrapparci al nostro ego, che distorce la realtà deformandola; è un atteggiamento distruttivo, perché ci allontana dalla Verità, ci allontana dalla Stella del Nord rendendoci prede dell'illusione.


Questi due atteggiamenti non si possono forzare, perché il primo è favorito dalla pratica spirituale, mentre il secondo è figlio di un ego che agisce secondo schemi sedimentati.
Nella pratica si impara questo: fluire con le cose, senza fare attrito. Non significa, come ho scritto prima, forzarsi in un atteggiamento di accettazione anche quando non siamo pronti ad accettare, ma questo sforzo deve essere orientato all'osservazione, alla pratica. Più osserveremo e presteremo attenzione, più l'ego perderà la sua presa e più entreremo nel nostro cuore, che si aprirà naturalmente.
Il cuore è il Centro; quanto più dimoreremo in esso, tanto più fluiremo con esso.

Marco scrive ancora:

In realtà, chi sa osservare sa che ogni difficoltà e ogni dispiacere celano elementi evolutivi di saggezza. Ma attenzione, perché la sofferenza e la crisi non sono di per sé portatrici di crescita; a volte inacidiscono e provocano un ripiegamento su se stessi che può portare perfino al suicidio.

Sta a noi attraverso la ricerca continua, l'introspezione quotidiana, la disciplina e la meditazione, elaborare queste esperienze attraverso un tipo di comprensione che porti a capirne il significato.
Innanzitutto dobbiamo favorire un atteggiamento di apertura che ci disponga ad accogliere il cambiamento, perché ogni dolore, se vissuto nella giusta maniera, provoca una trasformazione positiva nella propria vita. [...]
Attraverso la meditazione impariamo a fluire con le cose, a non opporci alla trasformazione.


È proprio questo il punto: il cambiamento spaventa. Non solo quello in negativo, ma anche in positivo. Benché siamo immersi nel cambiamento continuo, abbiamo la percezione che la nostra vita sia statica o che debba procedere allo stesso modo per molto tempo. Se avviene qualcosa che scompagina i nostri piani o non soddisfa le nostre aspettative, in noi scatta il meccanismo del rifiuto, esattamente lo stesso che alimenta l'Ombra.
L'unico modo per non farsi travolgere da questo meccanismo è praticare ogni giorno, osservare ciò che ci coinvolge in ogni istante. Non in maniera ossessiva, ma in accordo all'andamento della pratica: anch'essa, a un certo punto, comincerà a fluire e voi con lei.

Marco scrive:

Tornando alle crisi, non importa come si manifestino, né la sofferenza che ne consegue: è invece fondamentale comprenderne il significato più profondo e non opporci a esse; dobbiamo smetterla di proiettare all'esterno incolpando gli altri e, con un atto di responsabilità, aprirci a ciò che sta accadendo dentro di noi, coscienti che questo mutamento non può essere effettuato solamente da un'elaborazione della mente, ma richiede una partecipazione di tutto il nostro essere. La sfera razionale ha un controllo limitato rispetto a questo tipo di trasformazione, così provoca continue resistenze al cambiamento. Perché questo sia possibile, dobbiamo rivolgerci alla nostra parte più profonda, orientarci verso la Stella del Nord, abbandonare gli schemi abituali, aprirci al mistero della vita e conoscere più a fondo noi stessi. Allora non solo non temeremo più nulla, ma ci renderemo conto che ogni dolore, ogni crisi, ogni ostacolo, possono essere un'opportunità di crescita.



Ringrazio chi ha letto fino a qui e saprà trarre insegnamento da queste parole.
Al prossimo capitolo!

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Mina Vagante
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