Il 15 Ottobre si è celebrata Santa Teresa d'Avila, mistica cattolica e prima donna dottore della Chiesa, fondatrice di ben sedici monasteri carmelitani, in parte femminili e in parte maschili.
La figura della santa è esemplare: a causa del suo sesso era impossibilitata ad apprendere le Sacre Scritture, la cui lettura era vietata alle donne, eppure ci ha lasciato tra le più dense e significative pagine di insegnamenti spirituali. Tutto ciò che Teresa ci ha trasmesso è stato frutto della sua esperienza spirituale, vissuta in prima persona, in obbedienza e umiltà.
Come lei, esistono tantissimi esempi di donne che hanno dedicato la propria vita alla disciplina spirituale, di qualsiasi tradizione. In India, ad esempio, troviamo Mìrabaì, poetessa devotissima a Krishna e che fece dell'amore per Lui il centro e il mezzo per arrivare all'unione mistica.
Forse il verbo "fare" non è corretto, in quanto l'amore per Dio è una graduale apertura del cuore, che si dilata man mano che permettiamo a Dio di entrare in noi.
L'amore contraddistingue la mistica femminile, in quanto la donna si pone in relazione con la divinità, in aderenza alla sua natura.
Se torniamo alla stessa Teresa e alla sua celeberrima estasi, vediamo che questa compenetrazione tra Dio e l'uomo - una donna, in questo caso - avviene proprio in virtù dell'amore della Santa verso il suo sposo.
Di recente, la new age ha riportato l'attenzione verso un bisogno spirituale che, mi duole dirlo, è orientato verso una confusione generale, dettata da un mix di ignoranza, rigurgiti anticlericali e individualismo. In questa congerie di revival religiosi, esotismo e un adattamento occidentale della sapienza orientale, che di fatto si configura come uno svuotamento di queste dottrine tradizionali, emerge una rivalutazione del cosiddetto "femminile sacro". Si riprende lo studio delle divinità femminili precristiane, con una particolare attenzione agli aspetti più oscuri e terreni di esse. Non è un caso: in questa era, quella dei "tempi ultimi", non ci si rivolge a dio per ricercare la verità, ma per confermare quelle che sono le illusioni dello spirito del tempo.
Ecco quindi trovare questi archetipi devitalizzati della potenza originaria per piegarsi alle esigenze della mentalità occidentale, una mentalità essenzialmente atea e individualista.
Le divinità femminili sono apertamente sbandierate per rappresentare soltanto una parte della femminilità in sé, quella più bassa e terrena, senza possibilità di vera elevazione, la quale conduce a superare perfino il concetto di dualità.
È quindi necessario tracciare la differenza tra spiritualità e spiritualismo: la prima è perseguimento di e aderenza alla Verità per ciò che è; il secondo non è che un atteggiamento di parodia, spesso inconsapevole, della spiritualità vera e propria, nonché un interesse superficiale verso le tradizioni religiose o certe pratiche spirituali, le quali, se non configurate all'interno della tradizione di appartenenza e non insegnate da un maestro vero e proprio, possono perfino danneggiare questi incauti consumisti dello spirito.
Mistiche come Santa Teresa, Mìrabaì, la poetessa Lalla Ded, sono dita che indicano la luna della spiritualità autentica, fatta di sacrificio, difficoltà date dalle nostre miserie personali, messa in gioco di ciò che siamo, morte egoica, umiltà, obbedienza e fiducia verso un maestro autentico e verso la volontà divina. Tutte queste parole difficilmente le troverete accompagnate all'odierna spiritualità mordi e fuggi o a gruppi formati da persone che assimilano i propri desideri personali alla fisionomia delle divinità arcaiche, nell'illusione di ripercorrere i sentieri di antenati che, calati nella post-modernità, risulterebbero razzisti, omofobi e intolleranti.
Andate a leggervi i testi di Santa Teresa, i libri su Mìrabaì, le poesie di Lalla e, se volete davvero comprendere il fuoco del loro spirito, pregate di incontrare il maestro e di imparare come si prega o come si medita. Tutto il resto è illusione e superbia intellettuale.
La figura della santa è esemplare: a causa del suo sesso era impossibilitata ad apprendere le Sacre Scritture, la cui lettura era vietata alle donne, eppure ci ha lasciato tra le più dense e significative pagine di insegnamenti spirituali. Tutto ciò che Teresa ci ha trasmesso è stato frutto della sua esperienza spirituale, vissuta in prima persona, in obbedienza e umiltà.
Come lei, esistono tantissimi esempi di donne che hanno dedicato la propria vita alla disciplina spirituale, di qualsiasi tradizione. In India, ad esempio, troviamo Mìrabaì, poetessa devotissima a Krishna e che fece dell'amore per Lui il centro e il mezzo per arrivare all'unione mistica.
Forse il verbo "fare" non è corretto, in quanto l'amore per Dio è una graduale apertura del cuore, che si dilata man mano che permettiamo a Dio di entrare in noi.
L'amore contraddistingue la mistica femminile, in quanto la donna si pone in relazione con la divinità, in aderenza alla sua natura.
Se torniamo alla stessa Teresa e alla sua celeberrima estasi, vediamo che questa compenetrazione tra Dio e l'uomo - una donna, in questo caso - avviene proprio in virtù dell'amore della Santa verso il suo sposo.
Di recente, la new age ha riportato l'attenzione verso un bisogno spirituale che, mi duole dirlo, è orientato verso una confusione generale, dettata da un mix di ignoranza, rigurgiti anticlericali e individualismo. In questa congerie di revival religiosi, esotismo e un adattamento occidentale della sapienza orientale, che di fatto si configura come uno svuotamento di queste dottrine tradizionali, emerge una rivalutazione del cosiddetto "femminile sacro". Si riprende lo studio delle divinità femminili precristiane, con una particolare attenzione agli aspetti più oscuri e terreni di esse. Non è un caso: in questa era, quella dei "tempi ultimi", non ci si rivolge a dio per ricercare la verità, ma per confermare quelle che sono le illusioni dello spirito del tempo.
Ecco quindi trovare questi archetipi devitalizzati della potenza originaria per piegarsi alle esigenze della mentalità occidentale, una mentalità essenzialmente atea e individualista.
Le divinità femminili sono apertamente sbandierate per rappresentare soltanto una parte della femminilità in sé, quella più bassa e terrena, senza possibilità di vera elevazione, la quale conduce a superare perfino il concetto di dualità.
È quindi necessario tracciare la differenza tra spiritualità e spiritualismo: la prima è perseguimento di e aderenza alla Verità per ciò che è; il secondo non è che un atteggiamento di parodia, spesso inconsapevole, della spiritualità vera e propria, nonché un interesse superficiale verso le tradizioni religiose o certe pratiche spirituali, le quali, se non configurate all'interno della tradizione di appartenenza e non insegnate da un maestro vero e proprio, possono perfino danneggiare questi incauti consumisti dello spirito.
Mistiche come Santa Teresa, Mìrabaì, la poetessa Lalla Ded, sono dita che indicano la luna della spiritualità autentica, fatta di sacrificio, difficoltà date dalle nostre miserie personali, messa in gioco di ciò che siamo, morte egoica, umiltà, obbedienza e fiducia verso un maestro autentico e verso la volontà divina. Tutte queste parole difficilmente le troverete accompagnate all'odierna spiritualità mordi e fuggi o a gruppi formati da persone che assimilano i propri desideri personali alla fisionomia delle divinità arcaiche, nell'illusione di ripercorrere i sentieri di antenati che, calati nella post-modernità, risulterebbero razzisti, omofobi e intolleranti.
Andate a leggervi i testi di Santa Teresa, i libri su Mìrabaì, le poesie di Lalla e, se volete davvero comprendere il fuoco del loro spirito, pregate di incontrare il maestro e di imparare come si prega o come si medita. Tutto il resto è illusione e superbia intellettuale.