Chi ha fatto studi classici si ricorderà del mito dell'Androgino: in origine, l'essere umano era maschio e femmina insieme, poi Zeus separa questo essere in due parti, condannate a sentire l'una il bisogno dell'altra e a cercarsi per tutta la vita, fino a una ritrovata unione.
Ancora oggi, noi ultimi romantici usiamo l'espressione poetica "la mia metà" per definire il nostro compagno o la nostra compagna e questa riflette l'idea, ancora diffusa a livello inconscio, che si sia incompleti senza una persona accanto. Ma non una persona qualsiasi, bensì quella con la quale vi sia un incastro perfetto.
Fino a non molti anni fa, la ricerca del vero amore era un desiderio comune e socialmente accettato. Le ragazze sognavano il principe azzurro e i ragazzi la principessa con cui metter su famiglia e nessuno aveva niente da ridire: era la normalità, con variazioni sul tema dovute al cambiamento dei costumi.

Oggi è ancora così?
È difficile dire di sì. In primis, perché il messaggio che viene maggiormente diffuso è: single è bello. Badate: single, non solo. La solitudine fa ancora abbastanza schifo ed è generalmente abbinata alla vecchiaia, lo schifo dello schifo.
Essere single, invece, è una figata: liberi, senza responsabilità familiari, economicamente indipendenti e gettati, giovani e pieni di belle speranze, nella movida del mondo. Single è la zia figa che viaggia ovunque e conquista tutti con la sua verve frizzante, più piacente della mamma tutta casa e impegni pomeridiani, mezza esaurita da figli che, se tornasse indietro, rigetterebbe nell'oblio del seme maschile.
In secondo luogo, oggi più che nelle epoche passate, vi è una profonda diffidenza tra i sessi. Mentre vengono sponsorizzate, con entusiasmo, le dolcissime e tenerissime coppie omosessuali, dall'altra parte si mettono in luce i difetti e i rischi delle relazioni etero: tradimenti, femminicidi, gold diggers, cuncettine scroccasushi, maschi tossici, mansplaining, alienazione parentale per colpa della madre passivo-aggressiva o del padre narcisista patologico, varie ed eventuali. Insomma, prima di uscire con una potenziale sfruttatrice o un eventuale stupratore ti fai due conti e concludi che Netflix e copertina, il sabato sera, non sono poi tanto male.

Ma che succede all'Amore, a un sentimento che, più di tutti gli altri, pretende sacrificio personale, passione e abnegazione? Forse è proprio per questo che nessuno vuole più aprirsi al suo richiamo. L'Amore esige che si abdichi alle proprie pretese sull'altro e ci si renda disponibili al dono di sé. Va da sé che questa disponibilità debba esserci da parte di entrambi i componenti della coppia, in piena libertà di spirito e intenzioni, senza che ci si pieghi alla volontà tirannica dell'altro o che, viceversa, ci si approfitti di questa disponibilità.
Troppo spesso si rifiuta la possibilità dell'amore per egoismo, per il proprio essere infantili, per paura di soffrire e, talvolta, di far soffrire la persona di cui siamo innamorati.
In questo l'Amore è simile alla Morte: ci priva di qualcosa.
Richiede l'estinzione dei nostri piccoli egoismi, delle nostre piccole sicurezze che delineano la cosiddetta "confort zone", per aprirci al suo mistero.
Colui che ama veramente è colui che ha imparato a non temere più la morte.

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Mina Vagante
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