I cosiddetti “Stati Generali della natalità”, svolgentesi a Roma e fortunatamente appena conclusisi, sono imbarazzanti sotto a più punti di vista. A partire la stessa denominazione, che richiama la divisione feudale in “Stati” della società francese, e la loro riunione più celebre, quella che diede il via alla Rivoluzione. Nulla di più estraneo alla natura italiana, quella di un popolo di invertebrati retto in Stato-fantoccio e incapace di qualunque azione indipendente, figuriamoci “rivoluzionaria”.


Quello che sono invece stati realmente è l'ennesima passerella per personaggi celebri che hanno tenuto banco per qualche minuto fra le non-notizie dei tiggì di regime emettendo solenni banalità, previsioni che chiunque avrà già dimenticato e quindi nessuno verificherà a momento debito, e promesse di azione senza la minima intenzione né possibilità di venir mantenute.


A partire da quella caricatura di pontefice massimo che è ormai papa Bergoglio, che, messosi a capo di una chiesa New Age fatta di volemose bene e blasfemo ecumenismo (l'adorazione in Vaticano della Pachamama, ossia una divinità pagana, è stato l'equivalente della deturpazione delle statue degli dei olimpi da parte dei cristiani di Teodosio), il quale, fra le varie rinunce delle priorità irrinunciabili della Chiesa, non potendo cedere del tutto la difesa della procreazione senza abdicare in tutto e per tutto alla laicità con cui va, per il resto, a braccetto, è riuscito a svilire il dovere cristiano dell'”andate e moltiplicatevi” accoppiandolo a quell'altro “dovere” di nuovo conio che è “l'accoglienza”, ossia il calare le braghe di fronte alle orde di invasori che varcano giornalmente le nostre frontiere, e che lui ha definito “due facce della stessa medaglia”. Senza spiegare in che modo siano collegate la prolificità nazionale e la violazione della sovranità territoriale. Forse anche lui ritiene la sostituzione etnica come un valido rimedio alla denatalità...


Quanto alla Prima Premier Donna Nella Storia Della Repubblica, il livello delle altisonanti banalità emesse sulla difesa della famiglia e della natalità è stato pari alla nullità delle misure già prese, e che ci si può ulteriormente aspettare. Sì, lo ammetto, l'obbrobrio criminale dell'utero in affitto è stato sinora respinto, ma non è che ci si poteva aspettare qualcosa di diverso: la signora si è rimangiata, pezzo a pezzo, letteralmente tutto quello che l'aveva distinta rispetto ai pidioti negli anni passati: l'opposizione alla russofobia, al delirio vaccinomane, alla dittatura euromafiosa, ai diktat dei padroni d'Oltreatlantico. Se dovesse cedere anche sulla compravendita di bambini a facoltosi omosessuali, riceverebbe direttamente la tessera del PD (ché già adesso si fa fatica a capire perché non ce l'abbia).


Bene, diciamo che non c'era bisogno di un conclave di esperti tuttologi, parassiti di regime e presstituti con la lingua di fuori per scoprire che l'Italia è in pieno inverno demografico. Che non si fanno più figli, che i morti superano le nascite e che da anni la popolazione autoctona sta diminuendo inesorabilmente, una cosa accaduta, nella Storia, solo durante i tre anni della Grande Guerra. Era chiaro a chiunque avesse occhi per guardarsi attorno, non c'è da ringraziare per l'informazione. Ché se il fine della funeraria kermesse fosse stato quello di aprire un dibattito e sensibilizzare un'opinione pubblica che è attiva quanto un cadavere di tre giorni (l'abbiamo visto col Covid), si potevano risparmiare anche lo sforzo. Non era neppure necessario l'intervento delle gerarchie vaticane per scoprire che il fenomeno delle altalene vuote è allarmante. Negli anni '90, in piena liberaldemocrazia eltsiniana, il poeta russo Evtušenko scrisse una poesia proprio con questo titolo, “Altalene vuote”. E il messaggio che rilanciò era questo: un popolo che non fa figli è un popolo che ha perso la speranza, che non osa più sognare né immaginare un futuro. E quando non si vede nulla nel domani, perché fare figli? Si procrea per tanti motivi, uno dei quali la spinta naturale ad unirsi con un rappresentante del sesso opposto e generare con lui una discendenza, quello più efficace perché il più irrazionale: già Spengler notava come quando in una civiltà si iniziano a sentire donne che per sposarsi devono enumerare delle buone ragioni per farlo, significa che di loro non ne hanno già nessuna. E così è oggi. I problemi che affliggono le giovani coppie e le piombano nella disperazione sconsigliando la generazione di prole sono poi annosi e seri. Intanto un Paese in mano ad una gerontocrazia avida e cieca che non ha nessuna intenzione di cedere il passo per far spazio alle nuove generazioni. Problema che però è tutt'altro che decisivo: in ogni tempo le leve del potere, politico quanto economico, sono state in mano ad attempati signori che facevano del loro essere arrivati a quell'età come una virtù in sé, come in quella scenetta settecentesca in cui un generale prussiano, già ultraottantenne, sorprendeva dei giovani ufficiali con allegre signorine appese al collo e li riprendeva indignato: “Signori, voi infangate la nostra divisa! Prendete esempio da me!”. Personaggi del genere venivano regolarmente messi a riposo, quando andava bene, o estromessi con la spada e il pugnale, quando andava male, da aspiranti al regno più giovani e impazienti. Oggi semmai il problema è che, anche grazie all'incancrenirsi della situazione sociale italiana, la meglio gioventù è ridotta anche psicologicamente ad uno stato talmente larvale che nella maggior parte dei casi vive della paghetta settimanale dei genitori, se facoltosi, o di quella mensile dello Stato, se indigenti.


Non si fanno figli perché non si può sperare nel futuro, e non si può sperare nel futuro perché, molto concretamente, non esiste (se non per una casta di privilegiati) alcuna possibilità di ottenere un lavoro ben retribuito e con qualche garanzia che duri oltre alla prossima stagione. Gli stipendi sono fra i più miseri d'Europa, siamo l'unico Paese dell'Unione che, in trent'anni, ha solo perso in potere d'acquisto (e quindi sta peggio di trent'anni fa). E meno male che con l'Euro ci saremmo salvati, come diceva quell'altro dinosauro di Prodi. Non ci sono lavori decenti perché hanno chiuso i battenti le grandi imprese che erano la spina dorsale dell'economia nazionale, indotte a delocalizzare in nome del liberal-liberismo imposto dalla cricca mafiosa di Bruxelles. E perché, grazie ai governi di sinistra prima e di destra poi, ossia i peggiori nemici della popolazione italiana, i diritti sul lavoro sono stati smantellati e sostituiti da precariato, sfruttamento e umiliazione. I becchini istituzionali ancora depongono fiori sulla tomba di Marco Biagi, quando dovremmo ricordarlo come uno degli architetti della riduzione in servitù dei lavoratori italiani, altro che vittima del terrorismo: sono state molte di più le sue, di vittime.

Niente lavoro, niente casa. Anche perché, pur nei rari casi in cui uno un lavoro ce l'abbia, dovrebbe chiedere comunque un mutuo alla banca. E le banche italiane non concedono prestiti se non a condizioni così usurarie che se uno potesse soddisfarle tutte, significa che ha già abbastanza patrimonio per comprarsi casa in contanti. E questo nonostante la legislazione statale e quella europea abbia favorito gli istituti di credito tanto da renderli virtualmente padroni delle nostre esistenze, manovrando il nostro denaro a costo zero e rifiutando persino di farcelo vedere quando ci serve.

In più aggiungiamo l'ideologia sessuomane, che garantisce e anzi esalta ogni pratica del sesso, per quanto sfrenato, che però sia sterile, meglio se omosessuale, garantendo l'aborto in ogni caso al fine di alleggerire le donne gravide dal disturbo di una gravidanza “indesiderata” (termine in sé osceno, se si pensa che l'indesiderata è una vita umana), accoppiata con l'accoglienza di torme di giovani maschi subsahariani che renderanno la vita nelle nostre città ancora più sgradevole e insicura.

Sono cosciente di mettere molta carne al fuoco, ma non ci son santi: se il problema è l'assenza di futuro, il Futuro è un concetto enorme, in cui rientra tutto ciò che tocca le nostre vite. Non lo si raddrizza con un convegno o un assegno una tantum (come l'Assegno Unico staccato l'anno passato per chi aveva figli, e che era detto “Unico” a giusta ragione, dato che non si è più visto). Serve, anzi, servirebbe una visione del futuro, della Nazione e del Popolo vitali e viventi. Se manca questo, manca tutto. E che visione del futuro volete che abbia una classe dirigente fatta di arrivisti il cui unico programma è stare lì il più a lungo possibile? Chiaro che in basso persino il più distratto se ne accorga, e perda ogni speranza che un domani questo divenga un posto migliore in cui far crescere i propri figli, se a modellarlo saranno gli stessi di oggi. O magari i loro rampolli, visto che la cosa pubblica viene trattata come “Cosa Nostra” (andate a fare una rapida ricerca per scoprire che professione facciano i figli dei vari Napolitano, Berlinguer, Fornero, etc.). Quelli sì liberi di procreare senza pensieri.

Da padre, so che ci vuole un'incoscienza infinita, oggi, per mettere su una famiglia in Italia, senza grossi patrimoni o grosse protezioni alle spalle. Tutte le attenzioni sono dirette a mandare i nostri soldi nel buco nero ucraino, in tasca a cooperative mafiose per l'accoglienza di indesiderati o a foraggiare qualche bordello radiotelevisivo, nobili cause per le quali i soldi, stranamente, si trovano sempre. Per restituire invece quanto versato da chi, col suo lavoro e le sue tasse, ha sostenuto tutta la baracca per decenni e ora è in pensione, o per mettere in condizioni di fare lo stesso chi si affaccia oggi sul mondo del lavoro, sembra che si chiedano cose sconce. Io non ho ricette semplici per rimettere ordine nella cloaca che è attualmente la società e l'economia italiana. Ma qualche idea ce l'avrei, e nessuna indolore.

Sarebbe decoroso che chi, invece, idee non ne ha proprio, evitasse costose e inutili passerelle. Tanto per risparmiarci, oltre al danno, la beffa.

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Friedrich von Tannenberg
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