Quando in un recente articolo ho definito "perdigiorno" chi parla dell'orsa trentina, si sono risentiti persino contatti storici della mia lista. Cosa che non mi ha certo sorpreso dato che, già quando su Facebook scrissi contro i fanatici animalisti, alcuni amici mi avevano tolto l'amicizia, confondendo la mia critica al fanatismo animalista con una condanna dell'animalismo che da par mio non v'è mai stata. E non mi ha sorpreso perché scrivendo da vent'anni sono rassegnato, più che abituato, al rischio di venir frainteso, e alla convinzione ormai imperante che si debbano rompere amicizie anche fisiche per diversità di vedute digitali, tendenza che la pandemia ha soltanto amplificato.
Invece, non finisce mai di sorprendermi la dissonanza cognitiva insita nella rottura di un'amicizia per opinioni che non toccano la sfera di interessi delle due parti di una relazione. Cioè dire: che un gay, o un eterosessuale con amici e/o parenti gay e dunque sensibile al tema, mi tolga dalle amicizie per le opinioni critiche contro l'ideologia LGBT, ci sta. Che un inquilino che non riesce ad arrivare a fine mese mi tolga l'amicizia perché io, proprietario di casa, dico che gli inquilini vadano sloggiati al primo fitto non pagato, ci sta. Ma ha senso, per una battuta su Vendola (peraltro neanche chissà quanto pesante), che in passato ben tre compagni di scuola eterosessuali e senza omosessuali in famiglia, mi abbiano tolto l'amicizia? E' certamente lecito avere opinioni anche se non si è direttamente coinvolti ma quanto valore ha un'opinione su qualcosa in cui non si è coinvolti tale da rompere un'amicizia?
Posto che dare del perdigiorno a qualcuno non la trovo un'offesa (c'è di peggio che essere accusati di buttare via il proprio tempo) il fatto è che quando ho posto una domanda molto chiara "Se l'orsa trentina campa o crepa, a te personalmente cosa cambia?" nessuno è riuscito a rispondere. Perché dal punto di vista della razionalità, un interesse così morboso, tale da alterare la stabilità di relazioni personali, per un animale che noi non conosceremo mai, non ha alcuna giustificazione. Ma non è degli orsi di cui voglio parlare - tanto chi mi conosce, ormai sa perfettamente come io la pensi su questo tema - quanto di una caratteristica tipica di questi ultimi anni: litigare a sangue su temi privi di ogni interesse mentre all'orizzonte si intravedono guai neri per il nostro paese che ridicolizzeranno tutto ciò di cui abbiamo parlato in questi anni.

Tutto questo ha avuto un inizio molto chiaro: l'abolizione delle preferenze. Che sradicando la politica dai territori, l'ha trasferita nei media ufficiali i quali stanno in piedi solo se fanno ascolti su larga scala. Politica e media hanno una "convergenza parallela" (come si sarebbe detto un tempo) di interessi, che per la politica consiste nel non svelare la progressiva incapacità di saper risolvere i problemi dei cittadini, e per i media nel trasformare in maniera kafkiana, da una parte le cose importanti in "parlare alla pancia", e dall'altra le cose inutili in cose essenziali. E questo non sarebbe possibile se la capacità politica si misurasse dagli abili amministratori che risolvono i problemi e che ne rispondono ad un territorio e non, come avviene oggi, dagli abili comunicatori certamente provvisti di grande dialettica ma che tuttavia non saprebbero manco amministrare il proprio condominio. Con le preferenze, infatti, i capipartito avevano molto meno potere di oggi, perché il vero potere era nei parlamentari locali che, risolvendo i problemi sul territorio, conquistavano un ampio bacino di voti. Questo sistema, certamente non privo di difetti - si pensi per esempio al voto di scambio, alla corruzione, al correntismo, alla nascita di clan locali (si pensi al clan avellinese di De Mita) - aveva tuttavia un pregio che li annullava: costringeva le persone ad interessarsi non di cose che non le riguardavano personalmente (fascismo, antifascismo, LGBT, orse, scimmie, fenicotteri) ma dei problemi reali di un territorio, assumendosi la responsabilità morale di chi votava, e costringeva i politici a misurarsi con le proprie effettive capacità. Chi risolveva i problemi, sopravviveva, chi non li risolveva non veniva eletto. In un sistema come questo, chi avrebbe potuto costruire, con le preferenze, un partito "sull'onestà che tornerà di moda", in un territorio dove negli anni precedenti erano stati votati mafiosi e camorristi, se gli interessi che li avevano messi al potere non erano certo cambiati? In una situazione per cui i problemi dei territori hanno perso importanza (e lo si vede dal crollo verticale delle affluenze) era inevitabile che si mettessero in primo piano problemi senza alcuna importanza per la vita di tutti i giorni delle persone, ma che tuttavia i media vendono come strategici. Sicuramente è interesse di un romano che si ritrova a passeggiare in un luogo dove potrebbe trovare un cinghiale o di un trentino che scorrazza in un luogo dove ci sono gli orsi, interessarsi del problema degli animali per strada. Ma è vitale l'orsa trentina per un napoletano di San Giovanni a Teduccio o un milanese di Corso Buenos Aires? E soprattutto, è vitale che due napoletani o due milanesi, che un orso non lo hanno mai visto dalle loro parti né lo vedranno mai, si tolgano l'amicizia per l'orsa trentina? La persona razionale risponderà di no. Il che non significa che non sia autorizzata ad avere un'opinione sulla faccenda, interessarsi di attualità è giusto. Ma solo chi è convinto che la propria opinione debba diventare identità politica, rompe l'amicizia con chi ha una visione diversa delle cose. Ed è questo il vero male di questa fase storica della politica. Perché con le preferenze, la politica non aveva spazio per le fesserie e si riduceva ad una cosa molto semplice: l'interesse della gente, fondamentale per i parlamentari per vedersi riconfermati.

La convinzione di trasformare una questione locale in un'emergenza nazionale non è mai casuale: quando un sistema di potere, attraverso le sue propaggini, propone un tema in fondo insignificante per gli interessi di un singolo ma che riguarda una determinata categoria o non riguarda il proprio paese, o addirittura non riguarda l'essere umano in quanto tale, c'è sempre un interesse nascosto che sta difendendo, che non è interesse di tutti ma interesse di quel sistema di potere. Quando, anni prima della pandemia, Burioni ascese al proscenio con la sua crociata contro i novax, - una sparutissima minoranza, che se i vaccini fossero davvero quello scudo che molti sostengono, non avrebbero costituito certo un pericolo - avremmo dovuto tutti capire cosa sarebbe accaduto anni dopo. D'altra parte anche l'estremismo LGBT persegue fini occulti di tipo patrimoniale come anche l'estremismo ecologista, ma su entrambi i casi occorrerebbe un articolo a parte e a suo tempo lo scriveremo. Cosa c'è dietro l'estremismo animalistico di questi anni? Non sono in grado di dirlo. Ma mentre sul tema dell'orsa molti guardano il dito, io cerco di guardare la luna come ho sempre cercato di fare. E onestamente, visti i precedenti, sono molto preoccupato.

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"...un interesse così morboso (per un animale che non conoscono) non ha alcuna giustificazione..." Infatti è anche una scuola che gli insegna a odiare vicini-conoscenti-amici: oggi gli tolgono il saluto, domani proveranno a sgozzarli. Un tempo, almeno, ci si scannava per cose più grandi e importanti. Seminate discordia, seminate discordia: qualcosa resterà.
 
Purtroppo tutti questi rancorosi degli orsi ecc. ecc. però nei bar non entrano a litigare perché sanno che le prendeno sul serio…purtroppo bisogna solo sperare in Putin…pensaci tu…
 
I fanatici sono sempre pericolosi. Sono quelli che infamavano gli ebrei negli anni 40, quelli che segnalavano la cena a casa del vicino durante gli editti Contiani.
Resta il fatto che si sono più scandalizzati per un orso con le palle girate, che per gli stupri in serie di sedicenti risorse. E non è gente che vada per boschi...
 

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Franco Marino
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