Ogni ideologia e` anche un "sistema" in quanto cerca di "mettere ordine" in ambiti fra loro diversi per area d'azione, profondita`, vastita`, competenza ed importanza che riguardano "l'Immagine del Mondo" che quella ideologia promuove.
Ci sono quindi aspetti che riguardano "gli interessi...
Ogni ideologia e` anche un "sistema" in quanto cerca di "mettere ordine" in ambiti fra loro diversi per area d'azione, profondita`, vastita`, competenza ed importanza che riguardano "l'Immagine del Mondo" che quella ideologia promuove.
Ci sono quindi aspetti che riguardano "gli interessi nazionali" ed altri che riguardano i "valori condivisi".
E` credo sia a tutti chiaro che mentre sugli interessi si puo` discutere, cercare accordi, compromessi, punti di incontro, alleanze tattiche, opportunistiche, adattamenti, sui valori tutto cio` diventa difficile.
Se i valori condivisi sono "inclusivi" (cioe` basati sulla tolleranza, sul reciproco rispetto, sulla diversita` intesa come fonte di ricchezza, ma il tutto con "confini" ben delimitati) il dialogo, la discussione e` possibile perche` esistono delle "aperture", esiste una certa "permeabilità`" che permette una qualche reciproca evoluzione.
Se i valori condivisi sono "esclusivi" (cioe` basati sulla "diversita`" come elemento distintivo della "identita`" [che di suo prevederebbe non solo "in che cosa sono diverso", ma anche "in che cosa sono simile"], sulla "superiorita` morale", su "diritti divini", su "valori universali" [che in quanto "universali" devono essere accettati ipso facto da tutti a prescindere], gli spazi di una eventuale discussione si riducono drasticamente: "prendere o lasciare".
Dove le possibili convergenze fra "aree culturali" (se non proprio civilta` vere e proprie) si concretizzano sugli interessi condivisi, la convergenza durera` fino a che questi interessi saranno "condivisi", cioe` reciprocamente vantaggiosi.
Dove le possibili convergenze si concretizzano su vicinanze dei "valori condivisi" le prospettive di collaborazione, le alleanze, le associazioni, le unioni, il sostegno reciproco, la solidarieta` "fattiva" hanno una maggior probabilista` di esistere e di durare nel tempo.
E` anche per questo che la mia avversione verso "l'Occidente" non si basa tanto su una diversita` di interessi (prima o poi potrebbero anche coincidere), ma su una diversita` di valori che impedisce di fatto "collaborazioni" strategiche e di lunga durata, consentendo solo "coincidenze tattiche".
Dove il "valore" della "giustizia sociale" si basa sulla carita`, sull'elemosina come esercizio e dimostrazione di virtu`, sull'esistenza di mecenati, benefattori, filantropi (spesso plurimiliardari), al centro c'e`" la ricchezza" (o profitto) come valore supremo dove l'abbondanza del tavolo del banchetto garantisce un numero maggiore di briciole e di bocconi che possono finire sotto il tavolo dove i piu` sfortunati, (o gli esclusi) attendono. La "giustizia sociale" diventa un effetto collaterale.
Dove il "valore" della "giustizia sociale" si basa sulla equita`, cioe` su di una equa redistribuzione della ricchezza, quindi diventa un "diritto civile" e non un atto di carita`, dove al centro c'e` il benessere dell'Uomo come valore supremo, dove l'abbondanza del tavolo garantisce a tutti un pasto piu` o meno abbondante, ma sicuramente sufficiente, la "giustizia sociale" non e` un effetto collaterale, ma l'obiettivo.
Sono ovviamente due sistemi di valore "estremi", cioe` che si posizionano agli estremi di un asse su cui potersi posizionare nel presente e sul quale fissare obiettivi per il futuro.
Ma gli estremi (che sono "valori" e spesso fondamenta delle idedeologie) sono inconciliabili.
Ci sono quindi aspetti che riguardano "gli interessi nazionali" ed altri che riguardano i "valori condivisi".
E` credo sia a tutti chiaro che mentre sugli interessi si puo` discutere, cercare accordi, compromessi, punti di incontro, alleanze tattiche, opportunistiche, adattamenti, sui valori tutto cio` diventa difficile.
Se i valori condivisi sono "inclusivi" (cioe` basati sulla tolleranza, sul reciproco rispetto, sulla diversita` intesa come fonte di ricchezza, ma il tutto con "confini" ben delimitati) il dialogo, la discussione e` possibile perche` esistono delle "aperture", esiste una certa "permeabilità`" che permette una qualche reciproca evoluzione.
Se i valori condivisi sono "esclusivi" (cioe` basati sulla "diversita`" come elemento distintivo della "identita`" [che di suo prevederebbe non solo "in che cosa sono diverso", ma anche "in che cosa sono simile"], sulla "superiorita` morale", su "diritti divini", su "valori universali" [che in quanto "universali" devono essere accettati ipso facto da tutti a prescindere], gli spazi di una eventuale discussione si riducono drasticamente: "prendere o lasciare".
Dove le possibili convergenze fra "aree culturali" (se non proprio civilta` vere e proprie) si concretizzano sugli interessi condivisi, la convergenza durera` fino a che questi interessi saranno "condivisi", cioe` reciprocamente vantaggiosi.
Dove le possibili convergenze si concretizzano su vicinanze dei "valori condivisi" le prospettive di collaborazione, le alleanze, le associazioni, le unioni, il sostegno reciproco, la solidarieta` "fattiva" hanno una maggior probabilista` di esistere e di durare nel tempo.
E` anche per questo che la mia avversione verso "l'Occidente" non si basa tanto su una diversita` di interessi (prima o poi potrebbero anche coincidere), ma su una diversita` di valori che impedisce di fatto "collaborazioni" strategiche e di lunga durata, consentendo solo "coincidenze tattiche".
Dove il "valore" della "giustizia sociale" si basa sulla carita`, sull'elemosina come esercizio e dimostrazione di virtu`, sull'esistenza di mecenati, benefattori, filantropi (spesso plurimiliardari), al centro c'e`" la ricchezza" (o profitto) come valore supremo dove l'abbondanza del tavolo del banchetto garantisce un numero maggiore di briciole e di bocconi che possono finire sotto il tavolo dove i piu` sfortunati, (o gli esclusi) attendono. La "giustizia sociale" diventa un effetto collaterale.
Dove il "valore" della "giustizia sociale" si basa sulla equita`, cioe` su di una equa redistribuzione della ricchezza, quindi diventa un "diritto civile" e non un atto di carita`, dove al centro c'e` il benessere dell'Uomo come valore supremo, dove l'abbondanza del tavolo garantisce a tutti un pasto piu` o meno abbondante, ma sicuramente sufficiente, la "giustizia sociale" non e` un effetto collaterale, ma l'obiettivo.
Sono ovviamente due sistemi di valore "estremi", cioe` che si posizionano agli estremi di un asse su cui potersi posizionare nel presente e sul quale fissare obiettivi per il futuro.
Ma gli estremi (che sono "valori" e spesso fondamenta delle idedeologie) sono inconciliabili.