Amleto, in una certo senso, è la tragedia del complottismo. Il principe danese è l’antesignano degli apoti, sa che il re suo padre è stato avvelenato da zio Claudio e che il resto della corte continua a ignorare, per viltà o insipienza, la cospirazione e il conseguente regicidio. Se i ciambellani trasudano viltà, il popolino sguazza nel giulebbe e pensa di vivere nel migliore dei mondi possibili, nel regno dell’ufficialità, dove la notte non scende mai a turbare l’insonnia che scaturisce dall’ansia febbrile di interpellare la coscienza critica e guardinga, di enucleare la frode in mezzo alla melassa delle apparenze. Il complottista è destato da innumerevoli spettri: il rigor di logica, l’istintaccio malfidente ben temprato, l’arte del sospetto. Massimo Mazzucco è un valido divulgatore del fronte “antisistema”. Suo acerrimo rivale è Massimo Polidoro, cacciatore di complottisti e segretario del CICAP, acronimo di Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze. Figura ficcante per gli appassionati di misteri, Polidoro risulta piuttosto gradevole quando si cala nella parte dello scettico da retrobottega impegnato a rischiarare casi oscuri e leggende metropolitane. Il problema subentra nel momento in cui si mette in testa di essere un professore di Storia contemporanea o, peggio, uno zelante funzionario del ministero della Verità. E se ne sta in compagnia di altre decine di esperti e debunker invasivi dal sorrisetto di compatimento retrattile, come David Puente. Il loro nume tutelare è Umberto Eco, sommo erudito non esente da soprassalti di megalomania. Sosteneva Eco: “I complotti veri prima o poi vengono a galla.” Davvero?
Come fanno a venire a galla se li escludi a priori e non ti dai pena di indagare? Per giunta la mania del complotto si impadronisce di questi signori solo ed esclusivamente quando occorre esaminare la prassi politica russa, iraniana e cinese, lì è un fiorire continuo di retroscena ai confini della realtà, di – come amano ripetere loro – boatos e rumors. Niente di nuovo, è risaputo che l’assalto al complottismo cela la soluzione finale del libero pensiero. Mazzucco e Polidoro hanno duellato appassionatamente su 11 settembre e affaire Kennedy, puntando le loro fiches sugli aspetti tecnici: la demolizione – controllata o conseguenza dell’impatto – del World Trade Center e il mazzo di chiavi di Lee Harvey Oswald. Ma è davvero questo il punto? Mazzucco si getta a capofitto nella ricerca spasmodica della prova regina, del dettaglio tramutato in dato di fatto inconfutabile che gli consenta di accreditarsi, il lasciapassare che possa condurlo fuori dal ghetto del terrapiattismo per scrollarsi di dosso la fama di cacciatore di rettiliani messa in giro dai detrattori in malafede.
Anche Polidoro deve certificare, dati alla mano, che Oswald era un pazzo isolato e l’11 settembre è stato, parimenti a Pearl Harbor, un attacco impensato. Aggrapparsi ai tecnicismi è tempo perso. Ci sono più cose in cielo e in terra, di quante ne possiate sognare nelle vostre scienze (mediche e politiche) adulterate. Mi guardo bene dal laudare il mito progressista di JFK, però il presidente si era inimicato gran parte dei grandi cartelli statunitensi dell’acciaio e del petrolio (ventilò l’ipotesi di tassare i superprofitti), aveva infranto le speranze di Cosa Nostra e disatteso gli impegni assunti con la cricca dei Rockefeller (a tal proposito leggete il bel saggio Krisis, di Giacomo Gabellini). Insomma, il sancta sanctorum USA gliel’aveva giurata, uno spiacevole “incidente” era nell’aria. L’alternanza e la libertà di espressione vanno benissimo, ma se nella piramide del comando la tensione raggiunge il culmine, allora si passa ai regolamenti di conti e alle vie di fatto. Il Potere è un assassino che, sebbene lasci una lunga scia di tracce, non può essere trascinato in tribunale perché in ballo c’è la sopravvivenza stessa delle istituzioni, la loro reputazione e credibilità. Il Leviatano, risieda a Wall Street o nel Soviet Supremo, non riconoscerà mai di aver praticato giochetti sporchi poiché quella cosa chiamata “Ragion di Stato” gli permette di eludere le regole morali che valgono per il comune individuo. Le democrazie operano riparate da una ponderosa cortina idealistica e ciò scatena le supposizioni e le dietrologie non sempre immotivate della tribù degli scettici, viceversa le dittature operano allo scoperto o dietro cortine quasi trasparenti. Chi intende inchiodare lo Stato deve prima sconfiggerlo e costringerlo alla resa incondizionata, però in tal caso si configurerebbe il classico processo ai vinti e l’ingiunzione perderebbe gran parte della sua freschezza e ragion d'essere. Perseguire lo Stato è come districare una matassa, allorché riusciamo a sbrogliarla ci accorgiamo che la fatica è stata vana, le argomentazioni non sono più spendibili perché nel frattempo la gente ha dimenticato e coloro che sapevano sono o morti o stanchi di ricordare.
Nelle società umane dove la politica, come suggerisce Mefistofele nel Faust di Goethe, “Eternamente vuole il Bene ed eternamente opera il Male”, mantenendosi in bilico tra morale e amorale, civiltà e barbarie, i poveri apoti possono solamente indossare lo scomodo abito mentale del dietrologo e del complottista che suppone e azzarda, allude e romanzeggia, magari con il supporto di una compagnia di teatranti. Nessun Potere, men che meno il Potere democratico, ammetterà mai di ragionare esattamente come Hitler, Mussolini e Stalin (gli ultimi due persero un figlio in guerra mentre in molte scintillanti democrazie proliferano i riformati che fanno rima con imboscati) e come ogni altro Statista con la S maiuscola. Sissignore, anche Roosevelt aveva bisogno di alcun decine di migliaia di morti per sedersi al tavolo della pace ed estendere l'egemonia statunitense. Immancabilmente il Potere, specie di marca democratica, si crede migliore dei rivali coevi e passati. Secondo Lui “così NON fan tutti”, e il senso comune rafforza tale convizione: una libera democrazia che usa veleni e pugnali? Per carità, quelle cose accadevano nelle tirannie rinascimentali! Non siamo mica all’epoca dei Borgia! E i trabocchetti altrimenti noti come false flag? La libera informazione li sventolerebbe ai quattro venti in men che non si dica, noi opinione pubblica informata e riflessiva non esiteremmo a ribellarci. Si, buonanotte! I capoccioni scelgono di somministrare l’amara verità al popolo bue a brani e bocconi, saggio dopo saggio, sentenza dopo sentenza nel caso dei misteri d’Italia, la nostra Elsinore, assuefacendolo all’ebollizione con lenta gradualità: una rana di Galvani collettiva. I più accorti, coloro che fiutano il marcio in Danimarca e mettono in guardia il prossimo, provvedono a bistrattarli e a ridurli a paria del pensiero.
C’avete mai fatto caso che nell'era della relatività assoluta vige l'assolutismo delle opinioni su fatti inerenti la storia recente? Assurdo. Io preferisco diffidare e interrogarmi: dov’è la fregatura? Pertanto viva i maestri del sospetto! Che siano realisti, liberali o marxisti mi importa poco o punto. Se partire è un po’ morire, meditare è un po’ dubitare. Dubito… ergo sum.

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