La morte di Gianluca Vialli dà un senso di "fine di un mondo" come non me lo hanno comunicato decessi più autorevoli: non la morte di Maradona né quella di Pelé, perché questi due campioni sono talmente grandi da travalicare le loro epoche (e, parlando a titolo personale, se l'epoca di Maradona l'ho vissuta quella di Pelé per me era già un "storia"). Certo, c'è la scomparsa di papa Benedetto XVI. Ma la dipartita di Ratzinger ha ovviamente un sapore differente, molto più grande e apocalittico, da "fine di un ciclo cosmico". La morte di Vialli, per noi boomer cresciuti negli anni '80, è la fine di un "mondo piccolo" come quello di don Camillo e Peppone.
Vialli è legato ad un'epoca precisa della storia del calcio e del costume italiani: quello ben rappresentato in pellicole dell'epoca come "l'allenatore nel pallone": era un calcio che già cominciava ad essere business (si pensi, e lo dico da milanista, al Milan di Berlusconi che pure è stata una squadra comunque leggendaria) ma chs conservava qualcosa di ruspante. E Vialli, quel Vialli che arrivava da una squadra non blasonata come la Sampdoria, ne era un simbolo. La Sampdoria che poteva vincere uno scudetto rompendo il monotono monopolio Juve-Milan-Inter, monopolio rotto in quegli anni anche dalla Roma, dal Napoli e dal sorprendente Verona.
Era il sapore dei campetti e delle radioline, delle partite rigorosamente domenicali e di Novantesimo minuto del gentiluomo Paolo Valenti. Ma è qualcosa che andava oltre il calcio.
Era la provincia che poteva ritagliarsi un posto tra i grandi. Quel sapore di provincia oramai andato perduto, quando paesini piccoli erano vivi, mentre oggi, oramai vampirizzati, sono dei dormitori quando non dei cimiteri.
Non è vero che era meglio perché eravamo giovani. Era meglio. Non perfetto, perché i problemi, anche gravi, c'erano (la piaga dell'eroina per dirne una), ma sicuramente meglio di un'epoca cupa, ideologica e dove un Vialli, un giocatore ruspante che ti gioca i Mondiali pur arrivando non dalle Grandi ma da una squadra "minore", è impensabile.
Ricordate le Notti Magiche? Confrontatele con questi noiosissimi Mondiali qatarioti. La canzone di Bennato e Gianna Nannini ce la ricordiamo tutti. Come ben ricordo le partite guardate coi vicini come un rito collettivo, i caroselli d'auto e via discorrendo.
Discorsi da boomer. Certo. Sta di fatto che questo mondo io non lo comprendo più, e non capirlo più a 45 anni (non 80), significa che qualcosa è stato stravolto davvero.
Della Russia ho amato il loro amore per le tamarrate anni 80 come Toto Cutugno e Albano. Li vedevo ingenui. Ero là ai Mondiali di Russia del 2018 e, in parte, ho rivissuto Italia 90.
Ma come Italia 90 è stato il canto del cigno della nostra innocenza prima di Tangentopoli così Russia 2018 è stato il loro canto del cigno prima della catastrofe iniziata il 26 febbraio 2022 nella quale anche la Russia ha perso la sua innocenza.
Vialli era l'ultimo ricordo di quel mondo. Ricordo quando la Sampdoria batté il Milan a San Siro. Lo seppi alla sagra del mio paesello: ci rimasi ovviamente male ma c'erano la sagra, le giostre, le sale giochi, il cinema coi suoi profumi in sala e la magia dello schermo gigante.
Oggi le sale giochi non ci sono più, i cinema sono chiusi, i riti collettivi sono scomparsi sostituiti dal telefonino, surrogato sul quale anche io sto scrivendo questo sfogo invece di parlarne al bar.
E anche Vialli, ultimo grande campione ruspante di quegli anni, non c'è più

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Più che essersi chiusa un'epoca, è semplicemente il frutto di un Occidente che, crollato il Muro di Berlino, è scivolato nella sudditanza dello Zio Sam.
 
La (geo)politica c'entra ben poco. È la tecnologia e quella è uguale ovunque. In pochi anni ho visto un mutamento incredibile in Russia. Sono più schiavi dei social di noi. Non sono sudditi americani e anzi il mutamento è avvenuto proprio quando Putin ha cacciato l'America dalla Russia. Lo vedo in famiglia, nettamente. Sono processi che prescindono dalla politica
 
Quoto tutto dalla prima all'ultima lettera! Con grande tristezza.
Io il magico mondo degli anni Ottanta non l'ho vissuto. Ma mi basta vedere la differenza tra mio fratello, di venti anni più grande di me, e me. Lui era molto più equilibrato e pieno di vita di me che vivo questi anni.
 
Non dimenticherò mai la sconfitta al San Paolo per 1-4 con la Samp, doppietta di Mancini e di Vialli.
E' vero, il mio Napoli perse, ma fu una partita memorabile, tra due squadre fantastiche, altro che il Real e il Barca di oggi.
 
Condivido la tua nostalgia, anche se durante i mondiali del 1990 avevo soltanto 5 anni e mezzo. Ricordo confusamente il maxischermo, i ghiaccioli tricolore (menta, limone e fragola), gli apprezzamenti pesanti - che allora ripetevo a pappagallo senza capire nulla - rivolti alle ragazzine in abiti succinti.
 

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Andrea Sartori
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