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In antropologia politica riconosciamo varie tipologie organizzative: banda, tribù, capitanati, Stati. Questo modello evolutivo è un retaggio ottocentesco con tutti i difetti del positivismo e della visione lineare, ma molto comodo per comprendere e classificare.

In Occidente, dopo la guerra dei 30 anni, abbiamo dato per scontato che il modello statale fosse il migliore per amministrare territorio, risorse, popolazione e giustizia; tuttavia, l'aumento della popolazione e delle relazioni in tutto il mondo ha sempre più fatto vacillare questo paradigma. La stessa affermazione dei due blocchi durante la Guerra Fredda ha rappresentato una qualche limitazione dello Stato, a vantaggio di un nuovo ordine incentrato sui raggruppamenti. L'attuale affermazione dei BRICS, conferma questa riflessione.

Non necessariamente gli Stati saranno rimpiazzati da formazioni maggiori (insiemi di Stati).
Guardando il mondo, possiamo vedere la comparsa o la ricomparsa di alternative.
Ad esempio, il crimine organizzato in alcune regioni gestisce il territorio e svolge un ruolo assimilabile a quello dello Stato: i cartelli messicani rappresentano perfettamente questo modello.
Nei piccoli gruppi criminali possiamo vedere ricomparire la società di banda, ponendoli di fatto al di fuori dell'organizzazione statale (pensiamo alle gang o ai gruppi di spaccio nelle periferie).
Anche alcuni microstati ribaltano la prospettiva dello Stato nazionale: Singapore o il Principato di Monaco per territorio e composizione etnica degli abitanti (variegata) non condividono molto con l'immaginario classico. Questi piccoli paesi si legano a grandi gruppi finanziari o bancari e fanno prevalere alla coesione etnica o linguistica, un senso di appartenenza dettato dalla grande circolazione di denaro e dall'ordine sociale (vi ricadono anche alcuni piccoli Stati del Golfo Persico).

Il rapporto che alcuni gruppi criminali, in paesi come Messico o Colombia, hanno raggiunto con lo Stato, ne rende difficile la separazione e fa presagire, in caso di cambiamenti a livello globale, svolte inattesa e per ora improbabili.

Riflessioni di questo tipo devono aiutarci a mettere in prospettiva la storia e l'antropologia politica quando si fanno veicolo di una lettura lineare ed eurocentrica degli eventi. Al contrario possono essere da stimolo per una reinterpretazione critica delle vecchie categorizzazioni e letture, permettendo a nuovi schemi di farsi largo tanto in ambito accademico, quanto in ambito politico.
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